ph. Di Jose Antonio, CC BY 4.0
“Giorgia Meloni è il nostro incubo, una aspetta una vita intera di avere un premier donna e poi alla fine questa è… Giorgia Meloni” (Federica Cacciola su Facebook qualche settimana prima delle elezioni).
Gli abitanti dell’Assurdistan hanno compiuto stancamente il rito di legittimazione dell’oligarchia partitica[1] al governo.
A ormai quattro giorni dalle elezioni, in una ventina di seggi sono ancora in corso le operazioni di “conteggio dei voti” per identificare i titolari della sacre chiappe che andranno ad occupare i sacri scranni parlamentari. La legge elettorale chiamata Rosatellum, è infatti cosi assurda che ha messo a dura prova anche i rodati sistemi del Ministero dell’Interno.
Nell’attesa di sapere quali saranno gli oligarchi che vivranno il dramma di doversi trovare un lavoro serio magari ormai ad una certa età (scherziamo, lo sappiamo che ci sono i vitalizi) sbirciamo i risultati quasi definitivi.
Il trionfo (tanto per citare il titolo più sobrio apparso nei mass media) di Giorgia Meloni sembra preludere all’avverarsi degli incubi della brava e poliedrica attrice italiana che abbiamo citato in apertura dell’articolo.
Niente che in realtà non fosse ampiamente previsto da un bel po’ di tempo, con i sondaggi che, più che prevedere, indirizzano (come le classiche profezie che si auto-avverantesi) l’opinione pubblica.
Ovvio infatti che in un paese dove lo sport preferito è il “salto sul carro del vincitore” gridare a mass media unificati per un anno che Fratelli d’Italia sta diventando o è diventato il primo partito del Paese, non può che far si che questo lo diventi davvero, o quanto meno ci vada molto vicino.
Lungi da noi ritirar fuori temi anacronistici, del tipo che una Democrazia non può essere tale senza un aver leggi sul conflitto d’interesse. Lo sappiamo già, in Assurdistan ognuno ha i suoi di conflitti d’interesse perciò tutti zitti. Chi ha i mass media se le tiene, chi ha le cooperative, le banche, gli istituti di credito, anche. Per tacere poi del frequente scambio di ruoli fra sistema legislativo e sistema giudiziario.
Del resto, cara Federica Cacciola se il primo premier donna in Europa occidentale è stata Margaret Thatcher, le cui cure liberiste ancora sono la cattiva scuola di tutti conservatori occidentali, in Italia cosa potevamo aspettarci 43 anni dopo, come prima donna a capo di un governo, se non una sua versione con la stessa ideologia ma meno presentabile?
Ad ogni modo ci sono alcuni dati che è bene sottolineare.
Stando ai dati ministeriali che riguardano la Camera dei Deputati l’astensione è del 36%; dato che non è potuto passare proprio inosservato neanche all’informazione mainstream. A cui andrebbero aggiunte le schede bianche e nulle che la porterebbero circa al 38% del corpo elettorale. In tempi più civili “l’allarme democratico” scattava quando la cifra ai avvicinava al 10%, tanto per dire.
Questo vuol dire che i nuovi oligarchi del paese scelti nell’alleanza di centrodestra godranno di una maggioranza di 235 seggi su 400 (più o meno) corrispondente al 59% circa dei seggi, pur avendo preso i voti di appena il 26,7% della popolazione.
Il partito della Giorgia nazionale la cui percentuale di voti/popolazione è del 15,8 avrà 119 deputati corrispondenti al 30% dei posti disponibili.
Attenzione, chi, come noi, non si è recato alle urne sa benissimo che non si possono dare seggi agli astenuti. Quindi non leggete queste righe pensando che qui si voglia in qualche modo dire che l’elezione non è valida. L’elezione è validissima ma il problema è politico; è un problema di rappresentanza, è un problema di credibilità, è un problema di autorevolezza. (Cosa quest’ultima differente dall’autorità e dell’autoritarismo, per quanto questo concetto sia difficile da far capire a certe persone).
È un problema che si poneva chi, in quei tempi più civili di cui parlavamo prima, con le sue personali idee politiche, voleva il bene del paese. Questo perché sapeva che una bassa partecipazione significa in primis un basso grado di democrazia, infatti denuncia l’enorme distacco fra la classe politica e la gente comune; in secondo luogo significa che chiunque, letteralmente chiunque, abbia un poco di soldi (magari provenienti da qualche paese straniero o da organizzazioni poco limpide) per una campagna elettorale ben fatta può ritrovarsi con percentuali stratosferiche e prendere in mano “democraticamente” il paese; senza nemmeno sforzarsi di dover fare una ridicola marcetta su Roma.
Ci sono altri dati che risultano interessanti.
La coalizione di centrodestra che dovrebbe accingersi a guidare il Paese ha praticamente gli stessi voti del 2018 (12,3 mln contro i 12,2 di quattro anni prima), la sua percentuale passa invece dal 37,0 al 43,8% grazie all’aumento dell’astensionismo. Sostanzialmente il “trionfo” della Meloni (Fratelli d’Italia passa da 1,4 a 7,3 mln di voti) è consistito nel cannibalizzare i voti della Lega (meno 3,3 mln di voti) e di Forza Italia (meno 2,3 mln di voti). In pratica si è trattato di un regolamento di conti tutto interno alla coalizione e al di là delle mitologiche analisi dei flussi elettorali (praticamente nulli), il vero elemento che emerge in un analisi storica delle elezioni è che dalla fine della “prima repubblica” a oggi i voti del “Polo Berlusconiano” sono passati dai circa 19 mln del 1994/96 ai 12 mln di oggi; con un minimo di 10 mln nel 2013.
I miracoli dell’effetto dell’astensione sulle percentuali dei partiti è ancora più evidente nel caso del Partito Democratico che pur perdendo circa 600mila voti (da 6,2 mln del 2018 passa ai 5,4 di oggi) vede aumentare la percentuale dal 18,8 al 19,1% . Il c.d. “Polo Progressista”, che è arrivato anch’esso a toccare i 19 milioni di elettori nel 2006, si trova ridotto ad appena 7,3 mln di elettori (7,5 nel 2018, quindi anche qui una sostanziale immobilità). L’aver riportato all’interno del polo 1,1 mln di voti della Sinistra “radicale” (nel 2018 LeU fuori alleanza aveva ottenuto lo stesso risultato) conferma l’impressione di un elettorato storicizzato che può decidere solo di cambiare voto dentro una certa alleanza e non al di fuori di questa.
Il vero crollo elettorale di questa turno elettorale è quello del Movimento 5 stelle che perde oltre il 60% del suo elettorato passando dai 10,7 mln del 2018 ai 4,3 mln di oggi. Anche in questo caso l’astensione aiuta la stampa (in modo bipartisan perché, con buona pace di Giorgia Meloni, l’inciucio è sempre dietro l’angolo) a raccontar fandonie sui “recuperi miracolosi” dovuti alla figura di Giuseppe Conte. Il 15,4% di cui il residuo dell’ex movimento si fregia, sarebbe poco più del 12% se i votanti fossero stati gli stessi del 2018.
Evitando di commentare l’enfasi dei meloniani che già fa straparlare il loro maitre a penser, o il totale autoreferenzialismo dei piddini che si rifiutano di confrontarsi con la realtà e fare un poco di autocritica sui loro errori, e soprattutto gli ormai illeggibili contributi di Travaglio che fanno apparire Emilio Fede come un giornalista obiettivo, la domanda è cosa dobbiamo aspettarci o temere dai futuri governi?
La preoccupazione per i Diritti civili è enorme, inutile negarlo. Ma al di la’ di verificare se l’ambigua Giorgia, che andava a raccattare i voti delle famiglie tradizionali al family day pur essendo incinta e nubile, andrà davvero ad essere la stampella di Orbàn in Europa su questo tema ci sembra che i nodi che verranno subito al pettine saranno ben diversi.
Prima di tutto i residui tossici della disgraziata gestione Speranza della pandemia che ci ha reso l’unico paese europeo in cui alcune persone vagano ancora terrorizzate con le mascherine, magari quando sono da sole a piedi da sole nel parco; ha alzato i no vax al rango di forza politica, forza che chiederà un conto alla Meloni; ed ha aperto una terribile crisi economica mentre i fondi del Recovery Fund sono stati già sperperati e impegnati per progetti assurdi e non per sistemare il SSN e i trasporti pubblici.
A questa crisi economica si sommano gli effetti della guerra in Ucraina, con il risultato di un economia in ginocchio soprattutto nei settori già più colpiti dalla Covid (ristorazione, palestre, cinema etc.). Dire che su questo tema la Meloni è stata ambigua significa usare eufemismi. Draghi ha rassicurato a suo nome l’Europa e lei non ha mai promesso il disimpegno immediato dell’Italia dal pasticcio ucraino, ma è pur vero che se n’è sempre uscita con posizioni profondamente critiche alla politica europea sulla guerra in corso.
E mentre succede tutto questo c’è una scadenza che incombe come un macigno. Quella del 2025 e delle promesse fatte alle varie conferenze dell’ambiente sulla transizione ecologica.
Vi immaginate domani Giorgia e il suo staff di grandi intellettuali provenienti dalle redazioni di Libero, il Tempo e il Giornale in una conferenza stampa di questo tipo: “ehmmm… coff coff… ecco, volevamo dirvi che in termini di amb…- coff coff -…iente cosa lì, quella co’ le trecce svedese… sì la Greta… no no che gretina, state boni… cioè ehmmm… ecco forse non è che aveva proprio tutti i torti e che quindi… ecco… da domani… – respiro profondo e poi veloce veloce – non potete più usare la macchina per spostarvi nei centri urbani, dovete bere l’acqua del rubinetto, la carne due volte a settimana, la merce non deperibile va spedita su rotaia quindi scordatevi le consegne rapide di amazon, l’aereo per tragitti nazionali non lo puoi prendere, son aboliti i jet privati, non potete più accendere la stufa a pellet per scaldarti. Ciao raga’ se semo visti eh!”
Insomma, potrà sembrare una cosa scontata, ma come sempre siamo certi che l’Assurdistan ha ancora grandi soddisfazioni da dare al mondo. Quello della satira, ovvio.
Alessandro Chiometti
[1] Non troviamo modo migliore di indicare un paese in cui gli elettori non possono scegliere chi mandare in parlamento ma solo porre la crocetta su una bandierina di partito rispetto ad un’altra acconsentendo automaticamente alle persone scelte fatte dal partito.