Quello che segue è uno scambio di opinioni, sotto forma di lettere aperte, fra Alessandro Chiometti e Michele Bellone, relatore dell’ultimo Darwin Day di Terni.
Caro Michele, ho letto e riletto spesso il tuo articolo che abbiamo pubblicato anche noi di Civiltà Laica “Questioni di tifo” ed anche la tua ultima critica a Corrado Augias (che posso solo presumere che sia giusta dato che non ho guardato il programma in oggetto).
Come è ovvio concordo nella gran parte delle questioni che tu sollevi però c’è un piccolo sassolino dalla scarpa che mi vorrei togliere.
In particolare leggendo questo tuo passaggio: “[…]alcuni di loro non propongono spiegazioni alternative finalistiche, quindi non li si dovrebbe chiamare creazionisti. D’accordo, usano gli stessi argomenti della destra fondamentalista americana, anche nei rari casi in cui non se la prendono con Darwin, però non propongono una spiegazione basata su un creatore o un qualsivoglia disegno (in realtà non propongono nulla, ma questa è un’altra storia). Ergo, non sono creazionisti.”
Ci ho ragionato a lungo sopra ma non riesco a digerire il passaggio.
Per commentare l’atteggiamento delle persone da te citate non può non venirmi in mente il vecchio adagio di Groucho Marx “se una persona parla come un imbecille e si comporta come un imbecille non lasciatevi ingannare: è veramente un imbecille”.
Mi spiego meglio, ammesso che codeste persone non propongano una spiegazione finalistica dell’evoluzione ne’ tanto meno un creatore che l’abbia diretta e magari si professano atee, se però portano avanti le classiche argomentazioni del creazionista ignorante e/o in malafede (mancanza di anelli di congiunzione, complessità irriducibile di organi complessi come l’occhio, tempo per il ripiegamento di una proteina etc.) perché dovrei giudicarli meno severamente di colui che per lo meno lo dichiara che lo fa per ragioni di fede?
Queste persone sono nella discussione sull’evoluzione l’equivalente dei vari atei devoti come Marcello Pera o Giuliano Ferrara quando si parla di laicità dello stato, cioè persone in cui distinguere dove finisce la mancata comprensione della questione e dove inizia l’opportunismo politico è impossibile. E inutile aggiungo; perché mi devo stare a preoccupare di distinguere se Pera si professa ateo se dice le stesse cose di Ruini? Quello che dice mi basta per renderlo inadatto a ricoprire cariche istituzionali in un paese laico (che poi le abbia ricoperte per cinque tristi anni è purtroppo un dato di fatto).
Tornando a noi, se un professore di scienze di un qualunque liceo si professa ateo, o laico o comunque indipendente dalla Chiesa Cattolica ma tiene un suo sito in cui usa le argomentazioni classiche dei creazionisti (che come sappiamo non hanno niente di scientifico) per criticare l’evoluzione biologica tanto mi deve bastare per giudicarlo quantomeno poco adatto al ruolo che ricopre. E lo stesso dicasi per un professore di storia che nega l’olocausto ma si dichiara non nazista (o che neghi i gulag ma si dichiari non stalinista… visto che siamo in parcondicio).
Insomma, per concludere, è giusto, anzi giustissimo, indagare le varie sfaccettature del fenomeno dell’antievoluzionismo come fai tu e come ti prego di continuare a fare; però occorre essere chiari. L’evoluzione biologica è un dato di fatto, le prove a suo sostegno sono innumerevoli, le discussioni scientifiche che ci sono attorno ad essa non hanno mai invalidato (e a questo punto probabilmente non lo invalideranno mai) il nocciolo darwiniano da cui prende le fondamenta. Allora se qualcuno ha una sua rielaborazione da proporre lo deve fare nelle sede apposite e con i mezzi appositi. Se invece apre un blog per parlare di “complessità irriducibile” è a tutti gli effetti o un ignorante o in malafede. Indipendentemente dalla parrocchia a cui appartiene.
Poi, non vogliamo chiamarlo creazionista perché non propone il finalismo o l’Id? Ma come dovremmo chiamarlo se in pratica usa le stesse argomentazioni? Un non-evoluzionista? Un a-evoluzionista? E allora se qualcuno mi dice di essere per l’abolizione dei diritti dei lavoratori, per la cancellazione del welfare, e per l’autonomia del libero mercato e per la privatizzazione di ogni settore dello Stato, poi però aggiunge di non essere liberista… davvero mi devo preoccupare di creare una categoria per lui?
Un caro saluto.
Alessandro Chiometti
Caro Alessandro,
Rispondo con piacere alla tua lettera, nella quale hai sollevato un punto molto importante; riferendoti a coloro che usano gli stessi argomenti dei creazionisti per criticare la teoria dell’evoluzione, mi hai chiesto “perché dovrei giudicarli meno severamente di colui che per lo meno lo dichiara che lo fa per ragioni di fede?”.
La mia risposta è che non devi, perché chi fa disinformazione scientifica sull’evoluzione va criticato duramente, ateo o credente che sia. Non mi pare di essere mai stato tenero nei confronti degli attivisti antidarwinisti “laici”, che anche a me ricordano molto gli “atei devoti” che tu hai citato. Penso anche di essere sempre stato chiaro nel dire che chi ha delle spiegazioni scientifiche alternative alla teoria dell’evoluzione deve proporle secondo le regole del dibattito scientifico, e non su un blog dove si riprendono le argomentazioni creazioniste e si citano a sproposito illustri scienziati. A quanto pare, però, la mia posizione è stata percepita come meno severa e più accondiscendente, e di questo mi dispiaccio.
Il punto è che, secondo me, per difendere la teoria dell’evoluzione dalla disinformazione più o meno ideologica non c’è bisogno di tirare di mezzo la religione. Anzi. Bollare come creazionista qualunque critica non scientifica al darwinismo rischia di essere controproducente per chi fa divulgazione dell’evoluzione, un vero e proprio autogol comunicativo che riduce la questione a un muro-contro-muro fra chi crede e chi non crede. E in questo clima di conflitto gli attivisti antidarwinisti sguazzano felici, poiché consente loro di creare un nemico perfetto, incarnato da quello che chiamano il dogma darwinista, contro il quale loro, romantici ed eroici ribelli, si scagliano. Si tratta di una forma di narrazione molto efficace, soprattutto per quanto riguarda temi scientifici controversi.
È importante distinguere fra chi è attivista e chi non lo è. Rivolgersi ai primi è inutile, tanto non ascoltano. Ma per ogni attivista antidarwinista che fa propaganda, ci sono tanti potenziali ascoltatori – credenti, atei, agnostici – che cercano risposte alle loro domande ma che rischiano di venir messi di fronte a una scelta di campo. O di qua o di là. Come reagirebbero queste persone se i loro legittimi dubbi venissero bollati come creazionismo? Sono convinto che una comunicazione incentrata sul “o credi o ragioni” – tipo quella usata da Augias nella sua trasmissione dedicata a Darwin, per intenderci – non convinca nessuno; anzi, rischia di dare un’immagine semplificata e caricaturale del dibattito, per non dire ideologica. Su entrambi i fronti.
A me interessa che la disinformazione degli attivisti antidarwinisti non faccia proseliti. A me interessa che la teoria dell’evoluzione venga raccontata per quello che è, cioè la miglior spiegazione scientifica di cui oggi disponiamo di quell’intricato processo che è alla base della varietà e della complessità della vita, la nostra tanto quanto quella delle lucertole, dei ragni, delle amebe. A me interessa che questa spiegazione non venga distorta per fini che non hanno nulla a che vedere con la scienza.
Ecco perché ritengo sbagliato usare in maniera così disinvolta e assoluta l’etichetta di creazionista. Ecco perché ritengo importante preoccuparsi di “distinguere se Pera si professa ateo se dice le stesse cose di Ruini”, come hai scritto tu. Per evitare di accentuare un contrasto sul quale gli attivisti antidarwinisti stanno basando la loro strategia comunicativa, rischiando quindi di fare il loro gioco. Per non dar modo a questa gente, mossa da fervore ideologico, di raccogliere le simpatie di coloro che, mossi invece da sincera curiosità, sono interessati al tema. Lasciamo gli attivisti sulle loro barricate a combattere la loro guerra personale.
Un caro saluto,
Michele Bellone