Da tempo non mi occupo troppo attivamente di questioni relative alla laicità dello stato, lo faccio in quel poco spazio che la vita e gli impegni quotidiani mi permettono, quando però leggo determinate asserzioni da parte della sua corporazione sento il dovere di dover esporre le dovute puntualizzazioni, esattamente come può farlo lei o qualcuno dei suoi colleghi in altre occasioni di dibattito politico; tuttavia a questo giro eviterò di sproloquiare sulla questione “ingerenze” ed andrò direttamente all’oggetto del contendere.
E’ di oggi la notizia per cui lei avrebbe affermato che “ … I bambini non sono mai un diritto poiché non sono cose da produrre“, e che “… la famiglia ha una identità unica e propria riconosciuta dalla Costituzione e dal sentire della gente”; le suddette affermazioni sono riportate da REPUBBLICA e da diversi altri quotidiani, pertanto mi sento autorizzato a considerarle attendibili; qualora tali parole non fossero mai state pronunciate da lei o fossero state mal interpretate dalle suddette fonti di informazione, la invito fin da ora a non procedere nella lettura della presente e considerarla come mai scritta.
Qualora invece tali affermazioni fossero state presentate all’opinione pubblica così come lei le ha effettivamente pronunciate, sento il dovere di sollevare le mie più profonde perplessità nell’accostamento che viene fatto tra un “diritto” ed un “oggetto da produrre”: secondo quello che traspare dalle sue affermazioni, l’ascoltatore non ha motivo di interpretare un senso diverso da quello per cui un diritto (per esser tale) dovrebbe essere costituito prima di tutto da un “oggetto materiale” (possibilmente “da produrre”, perché se magari fosse stato già prodotto perderebbe anche la suddetta prerogativa !)
Secondo questa logica, se ne dedurrebbe che la libertà di parola, non essendo un oggetto materiale da produrre, non possa essere considerata un diritto.
Ma non basta ! … gli stessi trenta articoli sanciti dalla Dichiarazione Universale (non essendo costituiti da oggetti da produrre) non dovrebbero più essere considerati “diritti” in senso giuridico (forse ora mi spiego perché presso la PADRE NOSTRO Spa tale documento non venga riconosciuto).
Viceversa qualsiasi oggetto “da produrre” avrebbe tutti i requisiti per diventare un diritto; non so perché ma tutto ciò mi appare come una visione estremamente consumistico-capitalista: l’esatto contrario delle tesi che la sua organizzazione di appartenenza avrebbe la pretesa di sbandierare pubblicamente in ogni occasione.
Mi deve scusare ma, non essendo uomo di chiesa, trovo la sua interpretazione del concetto di diritto alquanto difficile da comprendere: a rigor di logica perfino un kalashnikov, una testata nucleare o un etto di cocaina (in quanto oggetti da produrre) secondo la sua personalissima concezione giuridica avrebbero tutte le caratteristiche per diventare dei “diritti” … (forse ora inizio a spiegarmi molte cose, dato che nel mondo non sono poche le persone che sono propense a pensarla così).
Per concludere l’analisi delle sue brevi esternazioni riportate dai rotocalchi, ho il dovere di informarla che negli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione Italiana non ho trovato alcun riferimento all’identità “unica e propria” della famiglia né al “sentire della gente”, se fosse così gentile da potermelo indicare le sarei davvero grato.
A fronte di quanto esposto sono ad augurarle un proficuo proseguimento nella sua attività di giurista
Francesco Saverio Paoletti