C’era un tempo in cui l’obiettore di coscienza scontava sulla sua pelle il peso delle proprie scelte etiche insindacabili. Erano i tempi in cui il servizio militare di leva era obbligatorio e costringeva tanti ragazzi a sprecare un anno (e anche di più nei primi decenni della Repubblica) della loro vita per imparare cose (sparare, marciare e il nonnismo soprattutto) che non gli sarebbero, probabilmente, mai servite.
I primi obiettori di coscienza a questa usanza barbara scontavano sulla loro pelle la decisione presa con il carcere e l’interdizione perpetua all’accesso nei corpi militari o di polizia dello Stato (in questi erano inclusi anche i Forestali e i Vigili Urbani); quest’ultima limitazione è peraltro ancora in vigore a meno che non si rinunci irrevocabilmente al proprio status.
Altri casi di obiezione di coscienza sono quelli che alcuni esponenti del movimento non violento fanno rifiutandosi di pagare quella quote delle tasse che lo Stato italiano devolve agli armamenti. Le conseguenze per costoro sono immediate, sequestro e pignoramento dei beni mobili e immobili.
Oggi Il Comitato Nazionale per la Bioetica ci dice che l’obiezione di coscienza è diventata diritto costituzionale, perché si preoccupa di salvaguardare i medici chirurghi, anestesisti e ginecologi che boicottano la legge 194/78 sull’aborto.
C’è qualcosa che non torna.
L’obiettore di coscienza che ha svolto regolarmente il servizio civile prima del 2004 (anno in cui la leva obbligatoria è stata abolita) non può tutt’ora avere accesso a quei posti pubblici che prevedono l’uso delle armi (anche in via del tutto ipotetica come i il Corpo Forestale), mentre altri possono pretendere di farsi assumere dal SSN ben sapendo che l’aborto nel nostro paese è legale?
Ci risulta evidente che qualcuno ha le idee confuse, ci permettiamo di pensare che non siamo noi, per dimostrarlo esaminiamo tre immediate conseguenze di questa “uscita” del Cnb.
Conseguenza numero uno: se è un diritto costituzionale l’obiezione di coscienza, è abbastanza chiaro che non ci possono essere coscienze di serie A e coscienze di serie B; quindi è evidente che se qualcuno ritiene non etico che lo Stato italiano devolva parte delle sue tasse agli armamenti è ben legittimato a non pagare quella quota di tasse. Senza pignoramenti e senza discriminazioni di altro tipo.
Ma andiamo avanti, conseguenza numero due: data la premessa del Cnb ci risultano quantomeno ridicole tutte le posizioni da questo espresse contro l’autodeterminazione dell’individuo, contro i testamenti biologici e contro l’eutanasia. È ben ovvio che ogni legge che voglia regolamentare ciò che rientra nel campo di una scelta etica, e sfidiamo chiunque a dire che il rifiuto delle cure o la richiesta di aiuto per porre fine alle proprie sofferenze non lo siano, può essere a questo punto aggirata con l’obiezione di coscienza. Se domani l’approvazione del decreto Calabrò si aggiungesse alla lunga liste di nefandezze legislative degli ultimi anni è ovvio che, secondo quanto sostenuto dal Cnb, si può fare obiezione di coscienza a quella legge e chiedere immediatamente la sospensione di qualsiasi cura o terapia.
Concludiamo con la conseguenza numero tre: è altrettanto ovvio che se di diritti costituzionali si parla non ci può essere nessuna legge che dica verso quali altre leggi è possibile esercitare l’obiezione di coscienza e quali no (per una logica oseremmo dire lapalissiana). Il risultato è che chiunque potrebbe esercitare l’obiezione di coscienza nel suo lavoro senza che nessuno possa dirgli alcunché; il farmacista cattolico può rifiutarsi di vendere preservativi e anticoncezionali nonostante faccia un servizio pubblico, il cuoco musulmano si rifiuterà di cucinare carne di maiale, il bibliotecario ateo di dare in prestito libri di autori cattolici e così via.
Abbiamo esagerato? Non ci sembra, esagera chi vuole in ogni modo aggirare le leggi dello stato che non gli garbano e ha la pretesa che la sua etica sia quella giusta.
Di una cosa dobbiamo dar atto al Cnb, nello stesso documento afferma che il servizio dello Stato deve essere garantito nonostante il diritto all’obiezione di coscienza, la dimostrazione che anche gli orologi rotti segnano l’ora giusta due volte al giorno; infatti non dice come lo Stato dovrebbe garantire questo servizio se quasi la totalità dei medici è un obiettore e per legge la scelta etica non può essere discriminante concorsuale.
Cosa pretendere da un orologio rotto?
Alessandro Chiometti