Dal blog di Nico Valerio "Salon Voltaire"
Il Papa, il rettore, i laicisti del menga e l'arte cattolica di rivoltare le frittate
La lettera di 60 docenti contrari al discorso di
Benedetto XVI per l'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università di Roma,
e il manifesto di 60 studenti ("Il Papa contro l'università"), oltre alla
minaccia, questa sì grave, di sparare contro l'incontro musicaccia rock a 120
decibel come arma di dissuasione di massa, non hanno avuto la forza di far
passare i 120 protagonisti della "Disfida della Sapienza" dalla ragione al
torto. Ragione da vendere avevano all'inizio, ragione hanno ora che la grottesca
vicenda si è conclusa.
D'altra parte, per una ragione speculare, nonostante
le farisaiche lamentele dei politici in tv, non ha fatto la grazia di
trasmigrare dal torto alla ragione la saggia decisione del Vaticano di
rinunciare all'insolita e imbarazzante cerimonia papale, impensabile in
qualsiasi Paese al mondo, Irlanda e Spagna incluse, e perciò concepibile – il
che aumenta la vergogna degli Italiani – solo nella poco dignitosa Penisola,
evidentemente considerata Stato Pontificio, o protettorato di Sancta Romana
Ecclesia. Per la gioia degli irridenti vignettisti britannici, che non
aspettavano altro. Eccolo là – penserà la perfida Albione – il solito Paese dei
preti, preti che dettano legge, corrotto, incapace, dove si vendono le
indulgenze, in preda all'immondizia morale e materiale. Loro per molto meno
fecero la Riforma protestante, e fecero bene.
Ma adesso tutti daranno la
colpa a quei coloriti e casinisti ragazzi di Fisica, magari scoprendo che
qualcuno di loro è, diciamo così, "un po' marxista". Non lo saranno più di
quanto lo erano alla loro età Bondi, Liguori, Ferrara e Pennacchi, per
dire.
E' proprio vero che le guerre iniziano per le gaffes di qualche
politico poco perspicace. E così, anche nella vicenda dell'invito del Papa
all'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università di Roma La Sapienza, è
stata l'ottusità a spiccare col suo tipico colore grigio-piombo.
Uno studio
ha dimostrato anni fa che un docente universitario medio ha un'intelligenza non
dissimile da quella dell'usciere e della donna delle pulizie. Perciò anche
l'uomo della strada messo al posto del rettore romano avrebbe capito che questo
invito sarebbe apparso a molti una provocazione intollerabile, dopo la
"sgridata" di Benedetto XVI a Veltroni, le intromissioni della Chiesa (Ruini,
Bagnasco, Bertone, Martino, Ratzinger) nella politica italiana come mai a
memoria d'uomo, il gioco di sponda di giornali e politici clericali del
Centro-destra e Centro-sinistra, e le polemiche al calor rosso su otto per
mille, esenzione Ici, fecondazione medica, sessualità, bioetica, accanimento
terapeutico, unioni civili, aborto, divorzio, scuola, ed altro ancora.
Ma
forse il Magnifico Rettore non leggeva i giornali. Ignorava che ormai si è rotto
il delicato equilibrio su cui si fondava la neutralità e separatezza liberale
tra Stato e Chiesa. Tutto preso dalla burocrazia universitaria, non immaginava
che la sopportazione dei cittadini pensanti che si rifanno all'evento fondatore
della Nazione italiana, il Risorgimento, di fronte alle continue e arroganti
intromissioni della Chiesa, era nel frattempo arrivata all'esasperazione.
La
vogliamo chiamare, per essere buoni, inadeguatezza psicologica? Non vogliamo
pensare ad una gratuita provocazione, no. Diciamo che chi per trarne notorietà
ha voluto il discorso papale non si è reso conto dei tempi. E che la goccia
faceva ormai traboccare il vaso. Oppure se ne è reso conto fin troppo bene? E
allora sì che l'invito è un atto politico. E come tale soggetto a critiche anche
feroci, perché abusivamente fatto a nome e disdoro dell'intera comunità
scientifica, anzi della cittadinanza.
Altrimenti, se non ci fosse il duro e
prolungato contenzioso Stato-Chiesa in atto ad infiammare il nervo scoperto, ci
sarebbe da chiedersi: dov'è lo scandalo? Tutti possono parlare, e il Papa no? I
laicisti sono forse diventati intolleranti?
Macché, sveliamo i veli della
finzione. Sono stati, semmai, non intolleranti, ma troppo tolleranti, anzi vili
e perdenti, quei sedicenti "laicisti" (loro, anzi, si dicono "laici", come per
la Chiesa sono appunto i chierichetti e i sacrestani, e ci sarà pure un
motivo).
Perché non esiste solo il diritto, la democrazia e la tolleranza.
Esiste anche l'opportunità politica, il senso comune e il buon senso, il buon
costume, la salvaguardia dell'indipendenza, la tutela delle forme, il rispetto
della sensibilità dei cittadini.
Non si può invitare chiunque impunemente ad
una cerimonia pubblica: ogni scelta ha un significato politico. E il papa non è
un cittadino qualsiasi. Perciò, a nessuno verrebbe in mente, pur potendolo fare
giuridicamente, di invitare ad una cerimonia di cultura ebraica un oppositore
dell'ebraismo, per esempio un intellettuale che si rifà al fascismo al nazismo,
idee lecite per lo Stato liberale finché non si sostanziano in atti illegali, ma
che la Storia ha condannato una volta per tutte. Il che nel liberalismo ha il
suo valore, eccome.
Anche perché ce lo ripetono ogni giorno i cattolici
integralisti che "non tutte le idee sono uguali". E' vero, cari amici, per lo
Stato liberale idee come il dispotismo intellettuale, l'intolleranza per la
Ragione e la Scienza, il discredito verso il Liberalismo, sono di fatto
giudicate inferiori, cioè passano in secondo piano rispetto alle idee di
libertà. Non prevalebunt lo avete inventato voi, ma lo applichiamo noi.
Così,
un Papa negatore della scienza e della libertà, laudatore del Cardinal
Bellarmino, entrambi accusatori dello scienziato Galilei, inventore del moderno
metodo scientifico, che non sarebbe mai stato invitato nelle università di
Oxford o di Madrid, ma neanche di Milano e Bologna, avrebbe dovuto impersonare
l'Università romana, perché fondata dai Papi? Appunto, dopo i secolari guasti
culturali, politici e sociali dello Stato Pontificio, dopo una guerra di
liberazione dal Papa-Re, dopo che a fatica e con spargimento di sangue Roma
stessa fu liberata dal potere oscurantista con l'atto più alto del Risorgimento?
Certo, se ci sono politici italiani contrari al Risorgimento hanno tutto il
diritto di dirlo, ma che siano definiti non diremo traditori, come si sarebbe
detto un tempo, ma almeno clericali. E anzi, a rigore, neanche politici del
genere andrebbero invitati alle cerimonie, proprio perché il Risorgimento è
l'atto fondativo della Nazione e dello Stato Italiano.
E gli stessi clericali
che ora vogliono il Papa alla Sapienza e accusano anche dalle colonne del
Corriere della Sera i laicisti di voler imporre il "laicismo obbligatorio" come
qualcuno considerava la democrazia obbligatoria nell'Islam, non erano qualche
anno fa strenui sostenitori della teoria dell'esportazione della democrazia in
Iraq? Ora non possono meravigliarsi se la democrazia liberale si deve difendere,
anche con la forza proprio da loro, perché non può essere abbattuta con la scusa
dei diritti da riconoscere a chi la nega. E il liberalismo senza laicismo
crolla. E dunque, è vero, hanno ragione Galli della Loggia e Pera: sì,
paradossalmente, in ogni vera democrazia liberale il laicismo – cioè l'ideologia
di chi si limita a chiedere o a difendere uno Stato laico, in cui Stato e Chiesa
siano indipendenti e separati – è in qualche modo obbligatorio, cioè si dà per
scontato che faccia parte dei valori etico-politici condivisi. Caro Della
Loggia, ci meravigliamo della sua incompetenza. Ma anche se lei non viene dai
liberali, come docente queste cosette dovrebbe conoscerle, o no? Il laicismo,
inteso correttamente, è obbligatorio (per gli organi statali, s'intende, non per
i cittadini). Se no, non c'è vero liberalismo. Ma dispotismo
clericale.
Quindi la presenza del Papa, in altri luoghi normale, alla
Sapienza di Roma sarebbe stata una una gaffe colossale, il che dimostra davvero
che alle volte i poco magnifici uscieri sono più intelligenti dei magnifici
rettori.
E la cosa non può finire qui. Perché le reazioni dei politici
all'evento sono il dato più preoccupante. Non è solo la ben nota,
raffinatissima, arte cattolica di "rivoltare la frittata". Si sa che le
gerarchie della Chiesa si atteggiano a vittime (ecco la pretesa "censura")
quando i cattolici sono pochi o perdenti, ma hanno la tendenza a fare i
carnefici quando sono in maggioranza.
C'è dell'altro. Il quadro è nuovo
stavolta. E' lo specchio d'una temperie anti-liberale e sottilmente autoritaria.
Non si tratta più di conservatori camuffati da liberali, ma addirittura di
revanchisti, di reazionari sanfedisti che ancora hanno da ridire sul XX
Settembre, su Cavour e su Garibaldi, come del resto quei cretini dei
leghisti.
E' in atto, insomma, una diffusa reazione clericale che vorrebbe
utilizzare le libertà liberali per sovvertire il patto civile, l'ordine
democratico fondato sulla laicità dello Stato liberale. E i cosiddetti "laici"
(imparino l'italiano, intanto) che non a caso giurano di non essere laicisti,
alcuni dei quali ritenevamo nostri sodali, amici, sono purtroppo le quinte
colonne di questo grande e pericolosissimo complotto.