L’etica laica e libertaria di Vasco Rossi (prima parte)

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Una morale spericolata
(prima parte; per la seconda parte, vedi qui)

"Le mie canzoni nascono da sole, vengono fuori già con le parole…, ma le canzoni sono come i fiori nascon da sole, sono come i sogni e a noi non resta che scriverle in fretta perché poi svaniscono e non si ricordano più". E' proprio vero, le parole sono così incastrate con la musica che tutti i testi di Vasco ne sono  condizionati: per le parole non preoccuparti! È più facile di quello che pensi come le bolle di sapone… "se soffi piano vengono da sole".
 


Per chi è abituato a frequentare la poesia di De André o i testi di De Gregori o di Guccini o di Vecchioni leggere di seguito tutti i testi di Vasco è un po' spiazzante, le parole nate con la musica, ne seguono il ritmo, sono spezzate di continuo, i puntini, i punti interrogativi e gli esclamativi si susseguono incessantemente, le ripetizioni sono spesso ossessive.
Risulta perciò molto complicato ricostruire in un pensiero coerente la sua visione della vita, tuttavia il tentativo andava fatto, perché Vasco con le sue canzoni è comunque il portatore di una precisa morale e di valori ben rintracciabili nei testi che propone soprattutto ai giovani.
Lungo tutto l'arco della sua produzione dominano i problemi esistenziali, quelli concreti di chi tutti i giorni deve fare i conti con i propri sentimenti e con quelli degli altri, con le proprie emozioni, con i propri stati d'animo, con i propri perché, la propria solitudine, la propria insoddisfazione, i propri sogni.
Vasco solo in quest'ultima fase della sua produzione mette a fuoco una convinzione che circolava nascosta dietro tutte le sue canzoni: "voglio trovare un senso a questa vita anche se questa vita un senso non ce l'ha".
Ebbene questa affermazione contiene già tutta una filosofia: la vita non ha un senso già dato da qualcuno, come invece sostengono le religioni, occorre perciò che ciascuno di noi gliene dia uno, dunque la libertà di scelta individuale è rivendicata come la sola capace di guidare la nostra vita.
Ma questo non è affatto facile, Vasco più volte cerca di definire la vita e oscilla spesso tra una definizione e l'altra : "la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia", la vita è cioè un equilibrio sempre precario tra il suo non senso e il senso che ognuno di noi riesce a trovare. Oppure "questa vita è così complicata", o "guarda che bella sorpresa la vita, quando credevo che fosse finita arrivi tu".
La caratteristica fondamentale "è che è la vita che cambia, che cambia, è che ti svegli e non è mai quella".
La canzone "Vivere" è quella nella quale Vasco prova a definire che cos'è in fondo vivere e dà sfogo a tutte le sue inquietudini: "vivere è un po' come perder tempo… vivere è sperare di star meglio… vivere come stare sempre al vento… vivere e non essere mai contento… vivere è come un comandamento… vivere come ridere".
Tutte queste definizioni non sono che i tentativi di trovare quel senso che la vita di per sé non ha.
Il suo potrebbe sembrare un individualismo sfrenato, ma non è così: "io questa vita qui non la capisco… mi sono perso e tu? vuoi aiutarmi tu?", è l'altro il solo che può aiutarci a vivere, da soli è difficile, Vasco sembra averlo capito quando dice chiaramente che "la vita non è facile ma a volte basta un complice e tutto è già più semplice". Come tutti i veri libertari capisce più degli altri che la propria libertà non è un assoluto, a cui aggrapparsi per stare soli come sulla cima di una montagna, ma essa ha un limite nella libertà dell'altro, al quale ci accomuna la stessa condizione esistenziale e insieme al quale bisogna scorticare la vita.
"Liberi, liberi siamo noi" è il grido dei libertari solitari, ma se si aggiunge, come fa Vasco, "però liberi liberi da che cosa???", allora si capisce che la libertà è un problema: da chi o da che cosa dobbiamo essere liberi?
Dal potere che ci opprime, dai pregiudizi che ci insidiano, dal conformismo sociale, dal fanatismo ideologico, da quello religioso e chi più ne ha più ne metta? Certamente, ma, a quanto sembra, non dai rapporti di umana solidarietà con gli altri: "io non so stare solo" dichiara sinceramente, mettendo a nudo la sua fragilità, in "Stupido Hotel".
La lotta di Vasco, come quella di tutti noi, non è solo per rivendicare la propria libertà, ma anche quella contro la propria solitudine.
L'insistenza su questo aspetto è continua: "sono talmente disperato che spero che il cielo tramonti…  non ho paura di nessuno ma ho paura sempre… non parliamo spesso sì ma è così…siamo soli…" e la solitudine esistenziale aumenta quando viene a mancare uno dei pochi strumenti a disposizione per combatterla, la comunicazione: "sono le cose che non dici che mi fanno più male perché se non me le dici vuoi  tenertele per te perché quando non le dici non le vuoi condividere". Forse si può dire, parafrasando García Márquez, che anche per Vasco la vita è un patto onesto con la solitudine.
Ma nella gamma di sentimenti esistenziali che Vasco esprime trova spesso posto anche la noia: "accidenti… alla noia che ci prende e che non va più via… alla noia che da sempre ci portiamo dentro… è un giorno che si scivola tra noia e umidità… è che alla fine ogni cosa ti stanca…", ma è la noia esistenziale che ci porta ad equiparare tutti i valori, niente ha senso, "tutto mi sembra inutile… farmi la barba o uccidere che differenza c'è?" Chissà se Vasco sa che questo ricorda molto il Sartre de "La nausea" per il quale essere Napoleone o ubriacarsi in solitudine è la stessa cosa? Ma allora la felicità? "Dov'è questa felicità?"… si chiede, e, a quanto par di capire, una risposta, seppur indiretta, Vasco la dà: nel cogliere l'attimo fuggente. "Domani sarà tardi per rimpiangere la realtà, è meglio viverla…" dice rivolto a Gabri, una ragazza di sedici anni. "Mi rendo conto che il tempo vola e che la vita è una sola" è l'affermazione che è sottintesa a tutta la sua concezione della vita e che esprime la sua ansia di vivere, "fammi godere" ripete ossessivamente in "Rewind", perché l'inverno è dietro l'angolo: "la primavera è solo un dispetto, un richiamo perfetto, un ottimo abbaglio e poi è già inverno".

Marcello Ricci

5 Giugno 2006   |   articoli   |   Tags: