Ma non chiamatelo flop

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Finanche dalle immagini del Tg1 di domenica si poteva intuire che la visita di papa Benedetto XVI ad Arezzo fosse andata male, tanto per usare un eufemismo. Meno di un terzo il flusso di pellegrini  in confronto a quello previsto, strade deserte e blindate e la solita solfa ratzingeriana all’Angelus che non ha regalato neanche qualche strafalcione gustoso come quelli di Ratisbona o come quelli sui preservativi che non proteggono dall’Aids. Insomma una noia mortale che anche i più filoclericali hanno avuto difficoltà a commentare senza sbadigli.

Ma attenzione! Non usate il termine flop per favore. Innanzitutto potreste incorrere negli strali velenosi di qualche giornalista più papista del papa come il prode Salvatore Mannino che autoincensa il giornale per cui lavora (La Nazione) nel disperato tentativo di dimostrare che l’impatto mediatico della visita papale è stato grande. In secondo luogo come si può definire un flop una visita che è costata alle casse dell’erario ben mezzo milione di euro? In tempi di crisi economica, di esodati, di suicidi per disoccupazione fa un certo effetto sapere che qualcuno (non un solo soggetto ovviamente) l’ha pure incassati questi soldi che noi cittadini italiani abbiamo sborsato per garantire il tour della star della religione cattolica. Resta senza risposta la domanda per cui l’Italia (che lo ricordiamo non ha più una religione di Stato dal 1984) deve sobbarcarsi le spese di questi viaggi di un capo di stato estero.

Quindi nessun flop, ma sempre successi economici per la premiata ditta Vaticano SpA… e del resto se non fosse bastata la suddetta cifra, valeva la pena andare ad Arezzo solo per ricevere il piccolo regalo della Consulta degli Orafi. Vale a dire una mega spilla dal peso di 450 grammi in oro massiccio con un grosso rubino al centro, valore non quantificabile ma comunque non inferiore ai dodicimila euro, che ben illustra lo stile sobrio di Santa Romana Chiesa in questi tempi in cui il paese affronta la più grave crisi dal dopoguerra.

Chissà perché ci vengono alla mente le parole di Diego Armando Maradona: «Ho litigato con il papa, ci ho litigato perché sono stato in Vaticano e ho visto i tetti d’oro… e dopo ho sentito dire che il Papa dire che la Chiesa si preoccupa per i bambini poveri… e allora venditi il tetto amigo, fa’ qualcosa!». Parole che i clericalisti si ostineranno a classificare come ingenue e non degne di una risposta in quanto non formulate con l’alto vocabolario della teologia. In realtà sono parole che inquadrano benissimo quello che ormai tutti gli osservatori obiettivi definiscono “lo scisma silenzioso” tra le gerarchie e quella base di credenti che hanno ben chiaro che il messaggio di Gesù non può essere portato avanti da chi accetta spille ornamentali da dodicimila euro.

Alessandro Chiometti

15 Maggio 2012   |   articoli, attualità   |