* Lucia Annunziata
Lo scontro fra laici e cattolici ha raggiunto il calor bianco: un calore tale da sollevare delle domande proprio sull'enfasi di questa indignazione.
Perché l'opinione pubblica della sinistra si è sentita così offesa dall'intervento del cardinal Ruini? Perché – si dice – il suo appello alla Costituzione costituisce una «illecita ingerenza» nella vita del Paese.
Se ingerenza c'è, questa va sicuramente condannata. Ma c'è davvero? E' questa la domanda che vorrei porre; la Chiesa ha davvero la possibilità, la forza, oltre che l'intenzione, di condizionare la vita di questo Paese? C'è infatti una profonda differenza fra la legittima battaglia per le proprie idee, anche fatta in forma politica, da parte di un'organizzazione (inclusa la Chiesa) e il trasformarsi di questa battaglia politica in «ingerenza». Le due azioni sono diverse per effetti (anche a voler ammettere che non lo siano per intenti) e meritano risposte diverse.
L'«ingerenza» è un'accusa gravissima: essa implica infatti che uno Stato straniero non solo ha la «volontà» ma anche la «possibilità» di modificare il corso degli eventi delle nazioni nella cui vita politica si inserisce. Ingerenze sono, ad esempio, le operazioni segrete, spesso usate dalle grandi superpotenze del secolo scorso, Usa e Urss, per determinare il corso della storia in vari Paesi: in America Latina per gli Usa, o in Africa e Cuba per l'Unione Sovietica – la più famosa, per noi in Italia, di queste ingerenze è il 1948, l'anno in cui la Cia e la Chiesa (e su questo suo operato di allora non ci sono ormai più dubbi storici) intervennero per evitare che il Paese andasse a sinistra.
Ma sono queste le condizioni in cui ci troviamo oggi? La Chiesa ha davvero questa potenza di fuoco nei confronti della nostra vita politica italiana? Certo le leggende sulla sua influenza sono molte: ma sono qualcosa di più di leggende? Si dice ad esempio comunemente che la Chiesa abbia un grande peso sulla Rai: se questo è vero non ha però colto molti risultati visto il discinto trend della tv italiana tutta.
Si dice che la Chiesa abbia molto peso nella politica italiana, che può fare e disfare i candidati e le politiche: ma in pratica in questo Paese i partiti a ispirazione cattolica sono ormai una minoranza, e al vertice delle nostre istituzioni sono stati eletti il presidente Ciampi e il premier Berlusconi, nessuno dei due molto incline a usare l'incenso. Se di ingerenza si tratta, anche in questo caso, la Chiesa dovrebbe considerarsi sconfitta nelle opinioni di maggioranza del nostro Paese.
Il punto vero su cui di recente la Chiesa sembra aver avuto la capacità di affermare (o riaffermare) la sua forza è il risultato del referendum sulla procreazione assistita: ma c'è anche stavolta un dubbio. Ad esempio, il referendum sul divorzio non fu forse vinto da una slavina di consensi in un Paese in cui la Chiesa era ben più potente e onnipresente di adesso? Il ripensamento sui valori e sul modo di vivere dell'Occidente liberale è infatti una riflessione che oggi non è solo prerogativa della Chiesa: sono anche i laici a sentire il bisogno di ridefinire il concetto di «diritti» rispetto a quando la contestazione di certi valori era un unico con il rifiuto di un intero ordine sociale. L'evoluzione del pensiero delle donne su se stesse – dall'idea dell'aborto come libertà all'aborto come sofferenza e limite – è forse il segno più chiaro del complesso evolversi dello stesso pensiero laico. Le forze politiche del centro-sinistra dopo il referendum hanno preso pubblicamente atto di questa complessità, e sarebbe oggi sciocco creare di nuovo un clima in cui questa evoluzione venga regalata alla Chiesa o al centro-destra.
Da tutti questi esempi è evidente che si possono sollevare seri dubbi sulla «ingerenza» del cardinal Ruini: nel merito le posizioni espresse dal presidente della Cei non possono che essere respinte con decisione dai laici. Ma parlerei di «ingerenza» con più prudenza: si tratta infatti di ben altro, come fin qui detto, ed è una gravissima accusa, che equivale al tradimento, alle azioni illegali – e va dunque sollevata solo se ci sono atti (e prove) gravi.
La verità è che nel mondo «laico» sembra agire ancora un vecchio riflesso di quella cultura risorgimentale – minoritaria e antipapista – che tanta parte ha avuto nella storia della creazione dello Stato nazionale. Ma ora il laicismo deve misurarsi con concetti sovrannazionali: il laicismo di oggi è inclusivo non «anti»; ha l'obiettivo di fondare una società che è per definizione rispettosa dei diritti di tutti. Incluso, come spesso di dice, dei mondi più lontani, come l'Islam. In questi diritti ci sono quelli della Chiesa – compresa la sua voglia di far politica direttamente, se vuole.
Nello Stato delle cose – tanto per continuare a dubitare – viene da pensare che se il presidente della Cei cardinal Ruini si espone tanto, la sua scelta è forse più un segno di debolezza che di forza.
da La Stampa del 26 settembre 2005, pag. 1