Non di rado su queste pagine ci siamo trovati a segnalare diverse castronerie di Repubblica.it in campo scientifico, niente di strano se confrontata al 90% dei mass media italiani tutto di strano se confrontata con che cos’era Repubblica (nel senso del quotidiano) fino a qualche anno fa.
Finché le cose stanno in campo scientifico si può attribuire il tutto alla fretta del web, alla scarsa preparazione scientifica della redazione on line (anche quella del giornale ci dicono molto più preparata in campo filosofico che in quello scientifico) etc.
Però poi è arrivato Papa Francesco I e le cose cominciano a diventare imbarazzanti, non commentiamo per pietà le sviolinate del neo ateo devoto Scalfari ma insomma pubblicare ben due volte in prima pagina il fatto che il Papa è inciampato è segno o di uno humour che non riusciamo a comprendere o di un servilismo vergognoso.
Oggi però le cose cominciano davvero a diventare strane. In un momento di estrema importanza per l’approvazione del ddl Cirinnà che prevede il riconoscimento di alcuni diritti agli omosessuali e alle coppie di fatto Repubblica.it se ne esce con questo titolo.
Ovviamente il ddl Cirinnà non prevede il diritto di adozione per le coppie gay, lo sanno tutti, prevede solo la stepchild adoption che è una garanzia per il bambino che già è cresciuto da una coppia gay di non vedersi dato in affido alla morte del genitore biologico. Una tutela per il bambino, ovviamente. (Non cercatelo di spiegare a chi è in malafede, tanto non ci riuscireste).
Voi direte: una svista!
Eh no, perché aprendo l’articolo il titolo è corretto, la Boldrini ha sempre parlato correttamente di stepchild adoption. Ora è possibile che in un momento storico così importante, in cui l’ultima trincea dei bigotti è quella di proibire le adozioni agli omosessuali (è l’ultimo argomento sui diritti degli omosessuali che vede il pensiero reazionario in maggioranza nella nostra nazione) il sito del più importante quotidiano italiano pecchi di questa superficialità e leggerezza?
Le cose sono due o abbiamo toccato il fondo e non esiste più un giornalista degno di questo nome neanche nel quotidiano più importante d’Italia, o il gioco comincia davvero a farsi sporco.
Alessandro Chiometti