LE APPARIZIONI DI MEDJUGORJE TRA NAZIONALISMO CROATO, GUERRE DI POTERE DIOCESANO E INTRIGHI FRANCESCANI
Nel libro "Spiegare i miracoli" (Dedalo, 2005) ho dedicato alcune pagine all'approccio storico ai miracoli, sottolineandone anche il loro ruolo politico (oltre che economico). In quelle pagine concludevo un paragrafo scrivendo "…esaminando alcuni episodi prodigiosi e correlandoli al relativo periodo storico, politico e sociale si scoprono aspetti interessanti e si giunge a conclusioni inaspettate". Con una certa ingenuità scrivevo anche "… alcune persone, attraverso avvenimenti di straordinario richiamo, inviano al mondo messaggi di angoscia per la paura che le assale di fronte a cambiamenti sociali, storici, di costume …". Non ero, allora, a conoscenza dei risvolti politici, storici, religiosi delle apparizioni della Madonna di Medjugorje, altrimenti avrei aggiunto altre considerazioni.
La vicenda delle apparizioni della Madonna di M. è infatti una storia di odi e di intrighi che riesce a disgustare persino chi è disincantato ma pur spera che almeno nell'impegno pastorale di alcuni religiosi, come i frati francescani, siano esenti l'inganno, il turlupinamento di babbei creduloni, gli scontri di potere, la violenza. Ed invece no, proprio i francescani sono coinvolti nella vicenda di M., confermando che le parole dei detrattori di un altro frate francescano, Padre Pio da Pietrelcina, oggi acclamato santo, non erano forse così lontane dalla verità nell'accusarlo di impostura. Ma veniamo alla cronaca. Il lettore di giornali apprese, un bel giorno del 1981 che alcuni ragazzi videro apparire loro la Madonna nel paese di Medjugorie a 30 km dalla città di Mostar, in Erzegovina; lesse che le apparizioni si mantennero quotidiane per 3 anni, fino al 1984, per poi diventare settimanali (tutti i venerdì alle ore 8.30), spostandosi dalla montagna in una camera dell'edificio ecclesiale; lesse che nello stesso anno la conferenza episcopale Jugoslava considerò inesistenti le apparizioni Mariane; lesse, infine, che dal 1992 al 1995 la guerra imperversò in Jugoslavia. Forse non lesse, perché i giornali diedero poco risalto alla vicenda, che i monaci di M. sequestrarono per 15 giorni il vescovo di Mostar Mons. Ratko Perić agli inizi del 1996 e che gli stessi frati francescani furono coinvolti in vicende di traffico d'armi, come nel dicembre 1993 quando padre Bozidar Blazević fu intercettato dall'esercito bosniaco mentre era alla guida di un camion carico di fucili, mortai e munizioni (Corriere della Sera 23/12/1993) e ancora nell'aprile del 1999 quando 3 TIR della Caritas francescana di Sarajevo vennero intercettati ad Ancona, carichi di armi (12/04/99). Ma che cosa c'entrano queste vicende con le migliaia di apparizioni della Vergine ai ragazzi di M.? Bisogna infatti ricordare che le apparizioni di M. sono l'epifania Mariana di maggiore durata (per anni e anni ininterrottamente). La risposta alla domanda si trova in poche ma terribili parole: rivalità e odi secolari tra ordini religiosi, conflitto tra Vaticano e francescani, uso politico ed economico della Madonna fatta schierare con gli indipendentisti di estrema destra Croati. Vediamo gli antefatti.
Primo: A partire dal 1370 la volontà della Santa Sede di creare una diocesi in Erzegovina favorì la penetrazione nell'area dei missionari francescani, i quali sin dagli inizi privilegiarono l'affermazione della propria organizzazione agli obiettivi del Vaticano, rinforzata nei 4 secoli di dominio ottomano che isolò i francescani dalle influenze di Roma. Nel 1878 la Bosnia Erzegovina passò agli Austro-Ungarici che favorirono la riconquista delle diocesi da parte del clero romano. I frati reagirono con ostilità e solo nel 1923 si giunse ad un accordo col Vaticano a cui non seguì in verità mai una collaborazione reale.
Secondo: Nel 1929 si costituì il movimento separatista di estrema destra croato degli Ustascia (= insorti) che uccisero re Alessandro di Jugoslavia (1934) e favorirono la penetrazione dei tedeschi nei Balcani, ottenendo il permesso di formare il regno di Croazia (1941) retto dal capo degli stessi Ustascia Ante Pavelic. In quegli anni gli Ustascia uccisero oltre 500.000 serbi, molti trucidati nel campo di concentramento di Jasenovac, in Slovenia. Alla fine del conflitto, Tito sciolse il regno di Croazia e gli ustascia e giustiziò molti di loro che poi si sparsero per il mondo ma non cessarono mai le loro azioni terroriste antijugoslave. Poiché i francescani dell'Erzegovina avevano appoggiato gli Ustascia, Tito li privò di beni e proprietà, lasciando loro solo le parrocchie. Negli anni '60 il Vaticano, tramite la curia di Mostar, decise di collaborare con Tito e siglò con lui diversi accordi che portarono al controllo di 33 parrocchie su 63 mentre i francescani si vedevano dimezzare le loro entrate, le loro influenze, il loro riconoscimento. Ma oltre 6 secoli di presenza nella zona tra la gente povera esercitarono i loro effetti, col risultato che quando nel 1975 il documento Romanis Pontificibus ingiungeva ai frati la cessione di altre 5 parrocchie, la popolazione contadina reagì appoggiando i francescani e iniziando a ritessere la sotterranea tela che doveva ricollegare i francescani ai neo-Ustascia croati, in un moto collettivo di nazionalismo croato-erzegovese che puntava all'indipendenza politica e religiosa e che spiega bene il ruolo svolto dai francescani dagli anni 1992 in poi durante la "guerra dei convogli" (92-94) e successivamente, quando il flusso di aiuti umanitari fu usato dalle milizie croate come strumento militare e politico di indipendenza. Il fatto che i francescani erzegovesi abbiano drenato e smistato imponenti quantità di soldi e merci, provenienti anche dall'Italia, che abbiano favorito traffici di armi e che siano stati più volte implicati in episodi di violenza, non hanno offuscato il loro mito di religiosi operatori di pace. Perché?
Ebbene, senza correre il rischio di essere blasfemi né di ricorrere a ipotesi fantascientifiche e irreali, la risposta sta nelle apparizioni Mariane, com'è stato ricostruito da Luca Rastello (Limes, Gruppo Espresso, n° 1 – 2000). Nei due anni che precedettero l'apparizione della Madonna sul colle di Podbrdo, i frati intensificarono l'opera di catechesi dei minori, costituendo gruppi di preghiera intensa. In una sorta di progetto religioso-nazionalistico di suggestione collettiva i frati iniziarono quello che chiamarono la "preparazione mistica". Padre Branko di Bijakovići nel 1979 in un meeting del Movimento Carismatico di Rinnovamento a Roma profetizzò l'aiuto imminente della Vergine e l'afflusso presso il suo monastero di M. di immense masse di fedeli. A partire dal 1980 comparvero numerosi "segni sovrannaturali" come presunte guarigioni miracolose di due bambini, ritrovamenti di 6 preziosi rosari di provenienza ignota in 6 luoghi differenti e altro ancora. Il culto mariano si intensificò, finché il 24/6/81, nel cuore del dominio francescano, la Madonna apparve a 6 bambini che rientravano dal santuario di Marija Bistrića, ingiungendo loro di pregare e di raccomandare che i frati si riconciliassero con il vescovo della diocesi di Mostar- Duvno. Successivamente la Vergine avrebbe chiesto ai bambini di riferire 3 messaggi al papa per la riabilitazione dei francescani. La massiccia attività di pubblicizzazione dei messaggi celesti a difesa dei frati irritò sia il potere centrale Jugoslavo che quello religioso locale. Il primo reagì con una campagna repressiva che ottenne il risultato opposto a quello desiderato, perché i frati sfruttarono subito l'effetto di vittimizzazione, suscitando sentimenti di rivalsa nazionalista tra la popolazione e rinvigorendo le fila dei neo-Ustascia (ora partito dei diritti HOS) e degli indipendentisti croati. Ma anche il vescovo di Mostar-Duvno reagì con astio. Due commissioni nominate per indagare sull'avvento miracoloso non trovarono chiari contrasti con i principi della dottrina cattolica cosicché, sebbene non si potessero decretare come frodi le apparizioni, nel 1986 la Conferenza Episcopale jugoslava proibì l'organizzazione di pellegrinaggi a Medjugorje. Monsignor Pavo Zanić, vescovo di Mostar andò oltre, minacciando di scomunica i fedeli che si fossero recati al santuario ma i pellegrini erano ormai molti, oltre un milione in pochi anni, cosicché le sue minacce caddero nel vuoto. Il 13 maggio 1990, in Croazia, il trionfo del partito nazionalista HDZ portò alla riabilitazione del regime degli Ustascia di Pavelic e nel 1992 gli estremisti delle milizie croate di Hos stabilirono il proprio quartier generale proprio a M., sotto l'egida diretta del monastero francescano ormai diventato luogo sacro e inviolabile. Il 10 aprile dell'anno prima, intanto, la Conferenza Episcopale jugoslava espresse parere negativo definitivo sul carattere soprannaturale delle apparizioni, ottenendo il Nihil Obstat (nulla osta) del Vaticano ma il documento non venne pubblicato per "non danneggiare gli interessi turistici della zona". Nel frattempo, mentre il partito SDS di Radivan Karadzić (oggi incriminato dal tribunale internazionale dell'Aja per genocidio) massacrava i bosniaci e progettava con il partito croato HDZ al potere la spartizione della ex Jugoslavia, i frati, appoggiati da formidabili reti di sostegno delle Caritas francescane di tutto il mondo (molto attiva fu la sede di Steubenville, Ohio, USA) non solo drenavano miliardi di dollari di aiuti internazionali ai nazionalisti croati ma iniziarono anche a girare l'Europa, predicando contro il pericolo musulmano, appoggiando di fatto con veemenza la dissoluzione della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina e la spartizione del territorio con i serbi. Con la proclamazione del nuovo stato della Croazia, il 24 luglio 1993, il vescovo di Mostar Zanić venne pensionato e nella lite plurisecolare tra francescani e preti diocesani si conobbe un vincitore ma ben presto anche il nuovo vescovo di Mostar (che oggi fa parte della federazione Croata-Bosniaca dopo gli accordi del 1995) Mons. Perić riprese la battaglia contro i frati di M. ed è così che si arriva al suo sequestro nel gennaio '96, di cui abbiamo detto, fortunatamente conclusosi con la sua liberazione.
La zona di Mostar resta a tutt'oggi una delle aree più instabili della ex Jugoslavia ma il peso politico dei francescani resta enorme, rinforzato da un movimento devozionale di fedeli che ha radicamento mondiale. Il governo centrale Bosniaco deve fare i conti con il centro di potere francescano (appoggiato dai Croati che hanno una sorta di giurisdizione sulla zona), interlocutore obbligato di chiunque voglia prendere decisioni politiche ed economiche nell'area. E il Vaticano? La Chiesa Romana è in situazione di imbarazzo da 25 anni, in equilibrio tra lo sconfessare il miracolo e i frati, atto che potrebbe generare scismi e distruggere gli indubbi enormi vantaggi derivanti dal proselitismo, e il suo riconoscimento che, tra l'altro, indebolirebbe il clero diocesano locale e danneggerebbe i rapporti con le autorità politiche che nei frati scorgono un fattore destabilizzante. D'altra parte, il Vaticano si rende conto che concedere il riconoscimento del miracolo per puri interessi politici ed economici esporrebbe al concreto pericolo che qualsiasi veggente carismatico e organizzazioni religiose che lo appoggiano con mire autonomiste e progetti politici potrebbero "sfruttare" la potenza del richiamo religioso miracolistico per ottenere ciò che desiderano. E così, mentre milioni di credenti cattolici affrontano un lungo viaggio per assistere ad un fenomeno "genuino", frati e potere civile e militare locali tessono le loro trame politiche ed economiche; e mentre la Beata Vergine parla ininterrottamente da oltre 20 anni a dei pastorelli, il Vaticano si trova in una sorta di limbo senza uscita. Ma il Vaticano alla fine se la caverà, perché sa aspettare, perché conosce le strategie giuste, perché è una potenza mondiale retta da menti molto più colte e furbe di quelle dei fraticelli francescani. Con buona pace di chi cerca spiegazioni scientifiche ai miracoli e di chi continua a sperare nella verità e in prese di posizione ufficiali delle gerarchie ecclesiastiche.