Quante volte, durante le feste, vi scervellate cercando di trovare una frase carina per un biglietto da corredare ai regali dei vostri cari, cercando di non scadere in banalissimi “Tanti Auguri” o “Buon Natale“? Consolatevi: non siete né i primi né gli ultimi. E dobbiamo andare molto indietro per trovare i primi! Addirittura all’antica Roma. Già, perché il Natale, checché se ne dica, al giorno d’oggi miscuglio di credenze e feste religiose di ogni tipo, trova origine negli antichi Saturnalia, feste dell’antica Roma durante le quali ci si scambiava dei doni. Ovviamente, anche i doni dei nostri avi erano accompagnati da dei bigliettini, alcuni più originali di altri, tanto da divenire storia letteraria: è il caso di Marziale, famoso letterato romano del primo secolo dopo Cristo. Notoriamente, Marziale scriveva epigrammi, una forma letteraria che veniva dall’antica Grecia, prevalentemente associata ai riti funebri (si trattava perlopiù di incisioni sulle lapidi), di carattere dedicatorio-celebrativo, e che poi con lo scorrere dei secoli si è sempre più avvicinata alla poesia. Tuttavia, la caratteristica principale dell’epigramma sta nel suo essere breve e incisivo.
Tra l’84 d.C. e l’85 d.C., il poeta latino pubblica due raccolte di epigrammi corrispondenti al tredicesimo e al quattordicesimo “Liber de Spectaculis“, chiamate rispettivamente “Xenia” (ξενία) e “Apophoreta” (ἀπο-ϕόρητα), parole di origine greca che designano il concetto di ospitalità e dunque i “doni per gli ospiti” per estensione, e i “doni da portar via” alla fine di un convivio (vi ricorda, per caso, il Cenone della Vigilia?). Con queste denominazioni, Marziale intendeva dare lustro e letterarietà ai suoi componimenti, che in realtà altro non erano che biglietti di auguri accompagnati ai regali. Ma cosa avevano di particolare questi bigloettini per diventare letterari? Semplice: l’inventiva e l’originalità messa in versi! Marziale utilizzava i regali e le persone cui erano assegnati come fonte di ispirazione, scrivendo dunque sull’oggetto e magari creando qualche battuta giocosa o goliardica sulla relazione che suddetto oggetto avrebbe avuto con il destinatario.
Un’altra usanza legata, invece, agli Apophoreta era il fatto che si pescassero in maniera del tutto casuale, cosicché si venissero a creare anche situazioni divertenti e improbabili di cui ridere, come l’assegnazione di un pettine a un calvo. Anche noi oggi (moda in voga soprattutto tra i più giovani) facciamo una cosa simile, ma rovesciata: il Babbo Natale segreto (oggetto anche di una puntata della serie televisiva New Girl), in cui si fa il regalo alla persona di cui si è pescato il nome senza che questa lo sappia. Tuttavia, Marziale era anche famoso per la sua poca sensibilità: i suoi componimenti avevano sempre la battuta finale, ma fin troppo spesso questa risultava cinica, in alcuni casi anche cattiva, rivelando la sua visione disincantata della società. Infatti, il poeta era un satirico, e criticava aspramente la società, deridendone i modi tramite l’impietoso giudizio su vizi e difetti degli uomini che la popolavano.
Se i vostri biglietti d’auguri vi sembrano sempre banali, tenete presente che potreste usare lo stile di Marziale e accompagnare ogni regalo a un breve componimento con una battuta di spirito finale, ma fate attenzione a ció che scrivete: magari tra mille anni sarà letteratura, ma qualche convitato permaloso potrebbe offendersi, e voi attualmente non disponete di licenze poetiche che vi giustifichino! E non lesinate:
“I regali fatti agli amici non sono preda del fato: avrai soltanto le ricchezze che hai donato”.
Buone feste!
Ilaria Alleva