Il ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna così commenta la giornata mondiale contro la violenza sulle donne che si è svolta ieri, 25 novembre:
“Alla base dei soprusi c’è una concezione dove la donna è un oggetto da possedere, da trattenere, da bistrattare. Troppo spesso i media danno un’immagine distorta della femminilità, un’immagine stereotipata che evoca l’idea della sottomissione, della soggezione, di una donna come mero oggetto. La televisione risponde a logiche di mercato, ma vorrei che si pensasse meno all’audience e più ad informare, ad educare le masse. Perché un’immagine distorta e stereotipata della donna porta alla violenza”.
Queste parole vengono da una donna che ha venduto il suo corpo fino a un attimo prima di diventare ministro, contribuendo alla diffusione di quella “immagine distorta e stereotipata della femminilità” contro la quale oggi si scaglia dal suo scranno.
Ora, camicetta accollata, tailleur grigio, visetto acqua e sapone, spera che gli italiani dimentichino il suo passato da velina e spogliarellista, il suo immolarsi, per denaro, a mero oggetto di desiderio radicando così quella concezione della donna che porta a violenza in un caso su tre della popolazione femminile italiana.
Ma se la Carfagna non sa proprio dove sia di casa il pudore (e infatti…), ci si chiede: alle donne del Pdl – o almeno a quelle che non usano loro corpo per conquistare poltrone – non ribolle il sangue nel sentire queste ipocrite parole di rinnovata verginità nella giornata di commemorazione delle tante donne violentate, abusate, bistrattate a causa di un presunto possesso maschile di cui la nostra ministra è stata fiera sostenitrice per ‘professione’?
Cecilia M. Calamani – Cronache Laiche