Leggendo il titolo dell’ultima fatica letteraria dell’ex vescovo di Terni ci avevamo sperato.
Avevamo sperato che per una volta la sua tanto millantata fama di vescovo super progressista così diffusa in città, specialmente nel sottobosco della politica, fosse meritata.
Avevamo sperato che il titolo “Sorella morte” fosse in buona sostanza un monito a quella parte di integralisti cattolici che continuano a negare l’evidenza e l’urgenza della necessità di legiferare (in senso permissivo ovviamente) sul testamento biologico e sull’eutanasia nel nostro paese. Lo speravamo confidando nel richiamo francescano del libro ad accettare la morte e a capire che questa a volte può essere un bene quando la vita è insostenibile. Del resto anche Giovanni Paolo II ha detto “lasciatemi andare” alla fine della sua vita.
Invece puntualmente Paglia si dimostra una delusione assoluta e il suo progressismo è solo nelle menti di chi propaganda la sua fama.
Ad ogni modo, dopo aver scaricato il suo libro sul nostro Kindle ci rendiamo conto in pochi minuti che l’estratto gratuito offerto da Amazon sarebbe stato più che sufficiente.
Fin dalle prime righe il Monsignore da sfoggio alla peggiore retorica ricca di falsità contro l’autodeterminazione umana che neanche fosse un Adinolfi qualsiasi. Richiami al nazismo che ha messo in pratica l’eutanasia, citazioni di dementi che parlano di risparmio sociale grazie ai suicidi assistiti negli anni ’60, il fatto che i poveracci che chiedono di poter porre fine alle proprie sofferenze sono in realtà abbandonati dalle famiglie e dagli amici. In poche parole il peggio del peggio dell’integralismo cattolico, quello che insulta senza neanche rendersi conto di insultare perché troppo tronfio della sua verità assoluta.
Quello che sfrutta posizioni ragionevoli di dubbio come era quella del presidente Mitterand quando il dibattito sul tema del fine vita era agli inizi per continuare a creare dubbi e a ritardare i tempi. Ma lo sa il Monsignor Paglia che Mitterand aveva poi cambiato idea sull’eutanasia? Lo sa che ha chiesto al suo medico di “liquidarlo” prima che il male toccasse il suo cervello perché non voleva per nessun motivo vivere in modo incosciente?
O per meglio porre la domanda: può Monsignor Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita non saperlo?
Nel caso veramente non lo sappia allora scrive libri sul tema senza neanche informarsi di cosa si sta parlando. Nel caso lo sappia omette volontariamente informazioni ai suoi lettori, cosa che quando si ha a che fare con “gli spietati” cattolici integralisti capita sempre più spesso.
E alla fine del primo capitolo ecco la supplica: “c’è bisogno di più riflessione”. Certo del resto sono solo quarant’anni che se ne sta discutendo, con i politici cattolici che boicottano ogni confronto possibile. Di riflessioni ce ne sono state fin troppe sul tema e non c’è nessuna “sicumera” come dice Paglia, c’è soltanto una consapevolezza che ormai (grazie alla diffusione delle informazioni) è maggioranza nel paese: ovvero che nessuno ha il diritto di imporci cure e terapie invasive senza il nostro consenso (ovviamente a meno che, come nel caso dei vaccini questo riguardi la salute di tutti e non solo la nostra). Nessuno ha il diritto di giudicare le nostre scelte e nessuno soprattutto ha il diritto di insultare i parenti e gli amici di Max Fanelli, di Fabo, di Piergiorgio Welby, di Luca Coscioni e di Eluana Englaro in base alle proprie convinzioni religiose accusandoli di averli lasciati soli o cose simili.
Chiudiamo il Kindle e ci viene voglia di andare alla presentazione del libro di Paglia che si terrà fra poco al museo diocesano. Ma poi ci rendiamo conto che l’unica domanda che avrebbe senso fargli è sui buchi che la sua amministrazione ha lasciato nella diocesi e ce ne andiamo a prendere un gelato, che per fortuna l’inverno è finito.
Alessandro Chiometti