Quella che è andata in scena ieri al Senato è l’ennesima esibizione di irresponsabilità della classe politica che gli elettori hanno mandato in Parlamento. Il disegno di legge Cirinnà non è, in fondo, che il minimo sindacale in un Paese che è – e potrebbe restare a lungo – il più retrogrado e reazionario dell’intero Occidente. Eppure, anche il minimo sindacale è stato sacrificato sull’altare della tattica, della strategia, della lotta para-ideologica tra i partiti. O meglio: tra i partiti e un Movimento.
Perché se tutti sappiamo – e lo sappiamo – cos’è il Partito democratico, dal Movimento 5 stelle, protagonista in negativo ieri, qualcuno si aspettava davvero la discontinuità promessa con tanto clamore poco più di due anni fa, dopo il risultato eclatante alle politiche. Ovvero il pragmatismo, la vicinanza alle istanze dei cittadini, senza vizi ideologici o contrapposizioni inutili. Una lunga serie di incongruenze, ipocrisie e deliri ideologici ha invece portato i grillini ad affossare, almeno per il momento (rifiutandosi di votare il “canguro” del Pd), una legge che poteva essere portata a casa con relativa facilità. Ora tutto è stato rinviato di una settimana, con l’esito non improbabile che la parte che riguarda l’adozione del figliastro venga stralciata dal ddl.
Prima questione: la cosiddetta libertà di coscienza. Il M5s ha sempre sostenuto di volere il vincolo di mandato per i parlamentari e di fatto lo ha già imposto ai suoi, tenendo sotto costante minaccia di espulsione, dopo pubblico processo, chiunque non si allinei al verbo dei padroni fondatori Grillo e Casaleggio. È sempre stato così, e lo dimostra la lunga lista di espulsi che in Parlamento oramai costituiscono di fatto un nuovo partito, con un discreto peso. Dall’altra parte c’è l’ordalia della votazione online, che vuol dire che le strategie del Movimento vengono decise – ma non sempre: solo quando c’è tempo o lo decidono i padroni – coi click di un ristrettissimo numero di “elettori certificati”, che poi sono fan del Movimento non si sa se e quanto informati. Peccato che il vincolo di mandato vada loro bene solo finché fa comodo far finta di non averlo mai detto, perché quando è politicamente più remunerativo barattare i diritti delle persone per un piatto di lenticchie cattoliciste, allora non ci si spaventa a mostrare anche le proprie divisioni interne. Il M5s, peraltro, è un movimento che non ha un programmao anche un vago indirizzo politico cui vincolare un mandato, anche volendo.
Seconda questione: l’odio fine a se stesso. Quello che ha portato allo psicodramma di questi giorni, col Movimento contestato all’uscita dal Senato, è stata una scelta tattica volta unicamente a mostrare le contraddizioni interne al Pd, come se queste contraddizioni non fossero già conosciute a tutti. L’ossessione del Movimento contro il Pd lo ha reso cieco, impedendogli di capire che nessuno si aspetta più nulla dal Pd, ma al contrario è proprio dal M5s che si attende una vera rivoluzione. Per il Movimento è stata più importante la contrapposizione, il vaffanculo al nemico numero uno. Il tutto, di nuovo, sulla pelle di persone in carne ed ossa, sui loro diritti e su quelli dei loro figli. Persone prese in giro e abbandonate, date in pasto alla parte peggiore della società e della politica, come sentiamo e leggiamo ormai tutti i giorni ovunque; una pioggia inaudita di bugie, calunnie, offese e insulti degni della peggiore propaganda razzista del famigerato Ku Klux Klan o degli antisemiti del Terzo Reich.
Un Movimento che non trova niente di meglio da fare se non una ripicca sulle procedure e guarda solo al proprio ombelico, scollato dalla realtà dei fatti quanto e più degli odiati partiti, quale affidabilità può garantire agli italiani?
Alessandro Baoli -Cronache Laiche