Lo sappiamo, i cattolici hanno avuto duemila anni di tempo ma i conti con la teodicea non riescono proprio a farli. O per lo meno non riescono a comunicare i risultati della loro teologia ai credenti perché sanno che perderebbero troppi fedeli.
Allora perché semplicemente non evitano di parlarne?
Sua Eminenza Mons. Piemontese, Vescovo di Terni, si addentra in un campo minato in occasione della messa del 2 Novembre e non ci fa una bella figura. Almeno a nostro modesto avviso.
“Al terremoto non esiste una risposta razionale, solo contemplando e seguendo col cuore la vicenda terrena di Gesù e il suo epilogo di passione, morte e risurrezione, possiamo trovare una risposta di senso alle sciagure umane e ai nostri vissuti.”
Così riportano più o meno all’unisono i giornali locali. Caro monsignore, a dire il vero di risposte razionali al terremoto (ma per meglio dire al “male” in genere) ne esistono ben tre da tre punti di vista diversi, ci permettiamo di informarla.
Punto di vista ateo: dio non esiste, quindi gli eventi sono del tutto casuali, interrogarsi sul perché la Terra trema e uccide centinaia di persone ha lo stesso valore del chiedersi perché un meteorite, probabilmente, ha causato in passato l’estinzione dei dinosauri.
Punto di vista dal cattolico “nuovo”, ovvero alla Vito Mancuso per intenderci: Dio esiste, è creatore ed è buono ma non è onnipotente. Quindi non governa l’Universo e la Terra. Queste vengono controllate dalle leggi scientifiche scoperte dalla matematica, dalla fisica, dalla chimica e dalla biologia. Del resto è da dopo Auschwitz e Hiroshima che l’idea di un Dio onnipotente e infinitamente buono è evidente che non regge più.
Punto di vista cattolico tradizionale (Agostino e Tommaso): Dio è buono e onnipotente ma il bene è il fine ultimo che l’uomo non può comprendere. Il terremoto, i meteoriti, i tumori, le tragedie umane, sono solo dei passaggi che l’uomo non può comprendere.
Non ci inventiamo niente dicendo questo, sono cose arcinote.
E qualcuno si domanda ancora “in cosa crede chi non crede”? La vera domanda da porsi è quanto conosce della propria religione chi si proclama credente.
Alessandro Chiometti