Credo che il sig. Celeste violi non solo il principio di laicità dello Stato, che rappresenta quale ufficiale del Governo al momento di celebrare le nozze, ma anche i principi della propria fede.
Sono ateo e sbattezzato, ma mi pare che il tizio sia carente di elementari nozioni teologiche e canonistiche.
Il matrimonio, secondo la teologia cattolica, é un istituto di diritto naturale, dal che il diritto canonico deriva la conseguenza che esso sia esistente e valido anche quando celebrato in forme diverse da quelle della liturgia cattolica fra non battezzati.
La particolarità del matrimonio cattolico é che quando avviene fra battezzati esso é elevato alla dignità di sacramento.
Insomma, il matrominio é sacramento quando si svolge fra battezzati – e quindi deve rispettare le forme canonistiche, in assenza delle quali é irregolare, ma non inesistente – ma é comunque esistente e valido.
In sostanza la Chiesa ritiene di poter/dover disciplinare solo il matrimonio fra battezzati, ma riconosce che esso é un valore anche quando non assume le forme sacramentali.
Celeste, quindi, non é assolutamente coerente con la propria fede.
Se lo fosse, dovrebbe essere contento di celebrare matrimoni almeno fra non battezzati.
Inoltre, la sua condotta non tiene conto di quei cattolici liberali (pochissimi) che celebrano il matrimonio in Chiesa senza chiedere la trascrizione, non accettando il matrimonio concordatario e poi o prima duplicano le nozze in Comune.
La Chiesa non condanna tale prassi, e non potrebbe, dato che non lede il diritto canonico e si limita a rappresentare un dissenso del fedele su una questione politica, l’esistenza di un matrimonio concordatario.
Se fosse coerente fino in fondo, il tizio dovrebbe chiedere ai nubendi se sono battezzati o se intendono comunque celebrare in Chiesa il matrimonio.
Si potrebbe ritenere, allora, che il tizio sia incoerente con la propria fede?
Si potrebbe sostenere che si astiente dallo svolgere una pubblica funzione, cui la Chiesa stessa non é affatto contraria ed alla quale anzi riconosce validità e valore.
Lui potrebbe obiettare che si astiene del tutto per evitare di celebrare matrimoni fra battezzati che poi non vogliano sposarsi in Chiesa, non potendo certo chiedere al momento delle pubblicazioni appartenenza religiosa ed intenzione religiosa dei nubendi.
Sennoché la questione del valore del matrimonio civile dei cattolici nell’ordinamento canonico é molto complessa e la posizione del Celeste pare semplificarla molto.
Come tutti i fondamentalisti, scambia per coerenza alla propria fede, che non può mai essere che problematica, con l’acritica adesione ad una prassi ideologica e semplificatrice.
Inoltre, se fosse coerente davvero con la propria coscienza, non si sarebbe candidato a Sindaco: le funzioni in materia di stato civile qaule ufficiale del Governo sono parte integrante del ruolo sindacale e rifiutarle significa rifiutare una parte dei compiti del ruolo.
E’, quindi, infedele, alla propria funzione di Sindaco, il che implica ipocrisia, che é un peccato oltre che un vizio.
Tommaso Moro si dimise dalla carica di Cancelliere per non giurare ciò in cui non credeva, non pretese di essere esentato dal giuramento.
Se fossi il Vescovo di Milano toglierei al Celeste la facoltà di insegnare religione.
E’ ovvio, poi, che il Sindaco viola la Costituzione italiana, cui ha prestato giuramento in base all’articolo 50 c.11 del TUEL.
La Costituzione riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio: non su quello religioso, ma sul matrimonio. Come si mette con questa norma il Celeste?
E’ infedele alla propria fede ed al proprio ruolo di Sindaco, se fossi un elettore di Sedriano ne chiederei le dimissioni.
Più che il Fondamentalismo, il vero pericolo é il Cretinismo!
Massimiliano Bardani