2. Il virus NON è nell’aria.
L’8 gennaio 2021 l’Arpa Piemonte ha messo un punto pressoché definitivo sulla questione. Il virus Sars-Cov-2 nell’aria degli ambienti esterni (outdoor) non è rilevabile.
Per i dettagli tecnici rimandiamo loro sito, i risultati sono i seguenti:
1) in ambiente esterno, il virus non è finora risultato rilevabile nell’aria;
2) negli ambiti ospedalieri, ed in particolare all’interno dei reparti con presenza di malati anche caratterizzati da elevati carichi virali, le concentrazioni rilevabili del SARS-CoV-2 sono risultate generalmente molto contenute, anche in virtù dell’elevato tasso di ricambio dell’aria realizzato in tali aree (6-8 ricambi d’aria ogni ora);
3) in ambito domestico, al contrario, le concentrazioni di virus si sono rilevate più consistenti, fino a 40÷50 copie genomiche del virus al metro cubo di aria. Tali valori risultano fortemente influenzabili dalle frequenze di ricambio d’aria e dal numero di soggetti positivi presenti nelle abitazioni, oltreché dallo sviluppo dei sintomi più comuni della malattia (tosse secca)
Possiamo quindi assumere come dato di fatto che non c’è di meglio che stare all’aria aperta per difendersi dalla Covid19.
Come del resto sapevamo prima che cominciasse questa follia, i contagi virali avvengono nella quasi totalità dei casi per lo scambio di liquidi biologici con altri individui infetti; detto questo risulta ovvio su quanto sia ridicolo limitare con DPCM i diritti dei cittadini di passeggiare o stare all’aria aperta “senza necessità” perché c’è la Covid. Anzi, è proprio perché c’è questa che semmai bisognerebbe incentivare a stare all’aria aperta ed evitare i luoghi chiusi e poco aerati.
Ma visto che al peggio non c’è mai fine, dobbiamo sottolineare che alcuni provvedimenti regionali peggiorano il DPCM e rischiano finanche di aggravare i contagi.
Ad esempio una delle ultime ordinanze della Regione Umbria (a guida Lega Nord, quelli che urlavano tanto contro le misure di Conte) che prevedeva il divieto di consumare pasti all’aperto in zona arancione costringeva chi era al lavoro (va ricordato che oltre il 60% dei lavoratori non hanno mai smesso di andare al lavoro) a consumare la pausa pranzo in luoghi spesso angusti con i colleghi.
Questa insensatezza è stata ritirata dopo una settimana, ma a conferma che certa gente proprio non ce la fa a vietare a pendula canis, la governatrice umbra ha lasciato il divieto per la bevande alcoliche. Dimostrazione che il paternalismo è una piaga che va oltre i generi sessuali e gli schieramenti politici.
Dal paternalismo allo Stato Etico il passo è breve. Del resto come spiegare altrimenti che dopo l’8 gennaio, la “dittatura degli inetti” ha cambiato leader ma non l’assurdità di tentare di arginare l’epidemia con provvedimenti volti a colpevolizzare il fatto che i cittadini escano di casa?
L’unico motivo che riusciamo a immaginare è che ritengano gli italiani così idioti (del resto non si può mica pensare che nelle odierni ambienti di partito abbiano avuto di conoscere chissà quali menti brillanti) da mettersi a fare gare di sputi in faccia non appena escono di casa.
Del resto in quest’anno di follia abbiamo visto anche un Ministro del Governo (uno di quelli premiati e confermati da Draghi) andare in tv per invitare gli italiani a delazionare i vicini non rispettosi delle regole. “E la Stasi muta” verrebbe da dire.
Il tutto mentre tutte le relazioni delle questure informavano che gli italiani sono stati attentissimi alle norme e ci sono state pochissime infrazioni.
Tornando alle possibilità di contagio all’aperto; ci viene da sorridere a quante volte in fronte di varie manifestazioni negazioniste (e per il momento non ci soffermiamo sull’enorme abuso che i vari pennivendoli hanno fatto di questa parola e del termine no-vax, affibiandola a chiunque osasse sollevare dei dubbi sulle verità assolute del Cts di Speranza, ci limitiamo a ricordare che non c’è regalo più grande che si possa fare a qualsivoglia movimento di attribuirgli tutto ciò che non è suo in modo che sembri molto più grande di quello che in realtà sia) il commento lapidario: “ne parliamo tra quindici giorni con quelli di voi saranno ancora in vita”.
È vero che il fatto che “moriremo tutti” forse è l’unica informazione corretta che è passata nei mass media in quest’anno; ma il punto è che non moriremo tutti PER questa epidemia e di certo non moriremo perché un “infetto” ci è passato vicino o ha toccato il nostro stesso muretto sulla strada. Come del resto prevedevano le regolazioni della tristemente famosa app “Immuni” sei a rischio se rimani per oltre quindi minuti a meno di un metro di distanza da un infetto.
Cosa che era poco probabile anche in una manifestazione pre-Covid.
Fatto sta che i negazionisti son tutti là mentre ad essere spariti sono molti degli elettori dei partiti che hanno gestito la pandemia in questo modo ridicolo. Strano nevvero?
Del resto ci capita ancora oggi di leggere personaggi di un certo spessore culturale anzi, dei veri e propri punti di riferimento nei loro settori e di mentalità notoriamente “progressista” (per quel che possa ormai voler dire questa parola) che ancora ripropongono sui loro social l’alibi di Confindustria e del governatore Fontana per i contagi in Lombardia nella ”prima ondata”: ovvero la “bomba epidemiologica” rappresentata dalla famigerata partita Atalanta – Valencia.
“8000 contagi accertati” secondo la vulgata dei media unificati.
Sarebbe poi stato sempre per quello che i contagi sono arrivati a Valencia. (Qualche tifoso contagiato da fomiti che hanno superato gli oltre cento metri di distanza fra una curva e l’altra dopo un coro ultras sostenuto dalla grappa evidentemente).
Per la parte spagnola ci limitiamo a dire che la loro wikipedia riporta la partita solo come uno dei tanti possibili casi di contagio dei viaggiatori nel nord Italia in quel periodo visto che, fra le altre cose, c’era anche la settimana della moda a Milano.
Quanto ai contagiati bergamaschi vale la pena ricordare il modo “scientifico” con cui si sono ottenuti i valori citati.
In buona sostanza un’agenzia di “data managing” ha sottoposto un questionario ai tifosi bergamaschi (non sappiamo quando sono state fatte le domande ma la pubblicazione c’è stata a novembre 2020) e tira le seguenti conclusioni: “oltre un quinto dei tifosi che erano presenti allo stadio San Siro quella sera, circa 7.800- 8.200 persone considerando il campione di coloro che hanno risposto al questionario, pari a 3.402 tifosi bergamaschi, ha dichiarato di aver avuto sintomi entro due settimane dall’evento. Una buona parte di questi, circa 2.500 – 2.700 persone, ha poi effettuato un test, risultando effettivamente positivo al Covid-19.”
Domande: Che vuol dire sintomi? Come facciamo ad attribuire un mal di testa o un forte raffreddore alla Covid se ancora oggi (senza un test clinico) non sappiamo differenziarla dall’influenza se i sintomi sono lievi? Se quello citato era un test sierologico quando è stato fatto? Se è stato fatto diversi mesi dopo come facciamo a sapere che il sars-cov-2 il contagio è avvenuto effettivamente in quella serata? Può averlo preso in fabbrica (o da qualunque altra parte) la settimana prima o quella dopo. E se, come riporta l’articolo, nel caso del coro al chiuso a Seattle (peraltro un caso estremo) un positivo ha contagiato 50 persone; anche senza considerare il fatto che qui siamo all’aperto, questo significa che c’erano almeno già 160 casi di Covid solo fra i trentaseimila bergamaschi che sono andati a vedere la partita? Ma la provincia di Bergamo ha oltre un milione di abitanti, questo ci da un totale di presunti positivi al Covid per la provincia di Bergamo, al 19 febbraio 2020 di 4900 individui!
E soprattutto perché, se questi sono i numeri, dopo i canonici dieci giorni per valutare l’esplosione dei contagi, il 1 Marzo a Bergamo risultano appena 209 casi accertati di Covid19?
(fonte: https://lab24.ilsole24ore.com/coronavirus/)
È vero che i contagiati della prima ondata sono stati sottovalutati ma non certo in modo così clamoroso.
E comunque per chi ancora ritiene giusto negare gli spazi all’aperto (quali che siano, piazze, stadi, parchi) anche l’AD della società che ha fatto lo studio sulla partita incriminata ricorda: “più che lo stadio in sé, ritengo che il problema sia stato rappresentato soprattutto dai mezzi di trasporto e dalle condizioni di mancato distanziamento che hanno comportato”.
Ecco, pensiamo un po’ ai mezzi con cui i lavoratori bergamaschi, e lombardi in genere, hanno continuato ad andare al lavoro ininterrottamente, perché “Milano non si ferma” e “Bergamo is running”. Sarà il caso di cominciare ad attribuire le giuste responsabilità e smettere di criminalizzare chi si fa una passeggiata all’aperto?
Dulcis in fundo. Nelle righe sopra il passaggio l’abbiamo dato per scontato, ma non è così. Abbiamo scritto “c’erano già 160 casi di Covid” perché, è bene ribadirlo, in questo anno di follia e perdita totale del senso critico e della razionalità è stato necessario anche ri-smentire 4000 anni dopo la “generazione spontanea” di Aristotele. Ebbene sì, a Dicembre un temerario studio a Barcellona ha dimostrato che facendo entrare in un concerto al chiuso 463 persone negative ai test per la Covid nessuno si è contagiato all’interno.
Roba da premio IgNobel un anno fa. Roba da applausi a scena aperta e baciamani oggi, dopo un anno di follia medievale.
L’ennesima dimostrazione che tutto poteva essere gestito in modo diverso, incrementando i controlli con tamponi e test rapidi invece di disincentivarli mettendone in dubbio l’affidabilità fin dalle prime settimane.
Tutte le aziende e le fabbriche aperte oggi fanno entrare al lavoro i dipendenti con controlli settimanali o quindicinali, evidentemente non si fidano delle misure del governo, chissà perché?
Anche i dipendenti di pizzerie, pub, locali, cinema e teatri potrebbero essere tenuti sotto controllo in quel modo e, al limite richiedere di mostrare il risultato di un test negativo fatto nell’ultima settimana per aver accesso a spettacoli e concerti.
Ma ecco lo Stato Etico, questi sono considerati “lavori non essenziali” anzi, vere e proprie futilità di cui fare a meno. Tamponi e test rapidi possono essere usati solo solo per mandarci a produrre beni di prima necessità durante una pandemia come: yacht, auto di lusso, pellicce, nuovi palazzi residenziali nonché bombe a mano mine antiuomo, pistole e fucili.
Del resto se l’unica categoria che nelle zone psichedeliche di Speranza può andarsene in giro infischiandosene dei confini sono i cacciatori è evidente che comincia a diventare essenziale attrezzarsi: se vai in giro con un fucile in spalla è difficile che qualcuno ti rompa le scatole perché stai bevendo una birra all’aperto. Giusto?
Alessandro Chiometti