Pd – Binetti, il divorzio è servito. Ed è subito crisi

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Il tira e molla che va avanti da mesi è finito, la senatrice Paola Binetti abbandona il Pd per l’Udc: “Mi sono sentita un bersaglio, mi e’ stato negato il diritto alla parola e alla rappresentanza dei valori cattolici“.

 

L’addio della Binetti è l’ultimo della diaspora degli ultracattolici che da qualche tempo affligge il Pd. Il 31 ottobre scorso è stata la volta di Francesco Rutelli che, annunciando: “Non ho nulla contro un partito democratico di sinistra, ma non può essere il mio partito”, è uscito fondando un nuovo partito. Il 14 gennaio, dopo l’avallo del Pd alla candidatura di Emma Bonino del Lazio, lo hanno seguito i deputati Carra e Lusetti, che hanno scelto invece le confortevoli braccia dell’Udc di Casini.

 

Ma Paola Binetti incarna veramente quel pensiero ultraconservatore che alberga nel Pd e di cui molti di disfarebbero volentieri?

 

Da sempre avversa a ogni forma di diritto in osservanza a Santa Romana Chiesa, la cultrice del cilicio ha annunciato e ritrattato la sua fuoriuscita  in molte occasioni. Il suo abbandono dovrebbe, quindi, far tirare un sospiro di sollievo al partito, che non ha avuto il coraggio di espellerla neanche quando, in occasione della votazione in Parlamento sull’aggravante di omofobia per i reati proposta dalla collega Paola Concia, la Binetti si è schierata contro.

 

Sembra, invece, che gioisca più della sua scelta l’elettorato sciolto della sinistra –  che augura al maggiore schieramento di opposizione di ritrovare quella verve laica seriamente minata dalle presenze teodem –  dello stesso partito. Le dichiarazioni interne in occasione di questo addio, infatti, non lasciano adito a dubbi.

 

Paolo Gentiloni: “L’uscita di Paola Binetti impoverisce il Partito Democratico”.

 

Pier Luigi Castagnetti : “Credo di poter dire, anche a nome della maggioranza dei credenti che restano nel Pd, tutta l’amarezza per una scelta per una scelta personale che merita rispetto ma che non può essere condivisa”.

 

Arturo Parisi: “La sua uscita segnala il fallimento della sua scommessa personale ma anche l’incapacità del partito di farsi luogo di confronto tra persone e di sintesi al servizio della decisione politica”.

 

Enrico Letta, vicesegretario: “Sono dispiaciuto per la scelta di Paola Binetti. Avrei preferito avesse dato una chance in più al Pd perchè sono sicuro che il lavoro che si sta facendo alla fine pagherà”.

 

E anche il segretario Pierluigi Bersani, anima laica, condivide il dispiacere: “So che a qualcuno potrà sembrare strano, ma lo dico sinceramente: l’allontanamento dell’onorevole Binetti è quello che mi dispiace di più. Non posso, ovviamente, condividere le sue motivazioni, in particolare a proposito della candidatura di Emma Bonino”.

 

Certo, c’è anche chi gioisce, chi non vedeva l’ora, chi stappa bottiglie di spumante, chi avrebbe spinto personalmente la Binetti fuori da quella porta (ma non ne ha avuto il coraggio).

 

Resta il fatto che la ‘sfida’ del Pd, quella che voleva coniugare l’anima (cattolica) della Margherita a quella (laica) dei Ds, è persa, come sottolinea Parisi.

 

Resta il fatto che vari parlamentari eletti nel Pd ora approdano ad altri lidi, mantenendo un incarico ottenuto con i voti del partito che lasciano invece di dimettersi come un barlume di dignità consiglierebbe.

 

Resta il fatto, infine, che la deriva conservatrice del Pd non si estingue con la Binetti. Lei è la punta di un iceberg che si è seriamente incrinato, ma non frantumato, con la sua dipartita.

 

Un esempio facile facile, per frenare i promotori del brindisi.
Il Governo ha presentato formale ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per la sentenza del novembre scorso contro l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche. A plaudere all’iniziativa del Governo due illustri senatori del Pd a loro volta firmatari, insieme ad altri nove senatori consanguinei, di una proposta di legge per l’esposizione obbligatoria dei crocifissi nelle scuole: Vannino Chiti (vicepresidente del Senato) e Stefano Ceccanti (costituzionalista).

 

L’era Binetti, dunque, non è finita, con buona pace degli ottimisti. Sta al Pd capire, dopo questa ennesima frattura, come superare la crisi insita nei suoi stessi natali;  se approfittare dell’occasione così ben servita per dare una svolta, o continuare a marcire – ancora – nello stesso guado.

Cecilia M. Calamani – Cronache laiche

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