“… che Dio perdona a tutti!” (ed Feltrinelli, 2018)
La conclusione di questo amaro proverbio siciliano è il titolo del romanzo che ci ha visto scoprire il poliedrico Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, come scrittore di romanzi.
Non conosciamo i precedenti letterari di Pif, ma questo libro ci è piaciuto molto ed è stata una delle scoperte letterarie più gradevoli degli ultimi tempi; non solo per le frecciatine che Pif l’autore lancia contro l’ipocrisia di molti sedicenti cristiani o per l’esilarante e irriverente scena in cui il protagonista si torva ad essere il protagonista principale della Via Crucis, ma anche per la forma scanzonata e irriverente con cui affronta molte tematiche importanti. Cosa che purtroppo non è frequente, purtroppo, trovare nella narrativa Italiana; forse è più presente nel cinema italiano, anche se ormai anche quello sta virando troppo verso il serioso/pretenzioso con risultati non sempre all’altezza delle aspettative.
Il libro di Pif invece è una gradevole lettura che fra golosità dolciaria, passione per il calco e il calcetto, l’amore e l’ammore (citazione colta ndr) porta l’autore ad aver l’occasione di parlare di come l’ipocrisia costruisca il solido pilastro della società siciliana ma che di certo sono riconducibili a tutta la penisola italica.
Anche se non è un thriller cerchiamo di svelare il meno possibile la storia e lasciare ai lettori il gusto di scoprirla: il protagonista è il palermitano Arturo, agente immobiliare che conquista con varie performance più o meno artistiche la pasticcera Lisa. Ragazza di famiglia benestante e inserita nella Palermo “che conta”. Il fatto che lei sia la proprietaria di una delle pasticcerie più famose di Palermo permette ad Arturo di unire passione per i dolci e per le donne, commette l’errore di farsi scoprire impreparato sulla messa.
Infatti durante una messa senza molti partecipanti Lisa si accorge che Arturo (orrore!) biascica le parole e addirittura volte non sa cosa rispondere alle imbeccate canoniche del prete. Interrogato sulla propria fede e costretto a una ritirata sulle posizioni “mediamente credenti” che non necessitano troppi approfondimenti Arturo si prende una bella lavata di testa dalla sua amata. Lavata di testa che pensa proprio di non meritarsi.
Allora, così sollecitato a non essere superficiale, prende un libretto di catechismo assegnato ai cresimanti e decide che per tre settimane (ben 21 giorni) si comporterà da cristiano osservante. Sarà un fondamentalista della fede in Cristo, non la imporrà agli altri ma lui la rispetterà alla lettera. Cosa potrà mai succedere vi chiederete?
Beh, questo è un romanzo e ovviamente tutti i disastri che capitano al povero Arturo sono frutto di artifici letterari, di certo è improbabile che nella realtà avvengano in un lasso di tempo di appena tre settimane. Nella realtà ce ne vorrebbero almeno quattro, ne conveniamo.
Potete infatti facilmente immaginare le conseguenze di dover dire sempre e comunque la verità per un agente immobiliare o quelle per un portiere che sta disputando la finale del torneo di calcetto interrogato sul goal/non goal. Ma potete anche immaginare cosa comporta per chi, in un ambiente vip di cene e riunioni pseudo-benefiche, proponga di spendere i soldi non per la solita “nuova campana per la parrocchia del Sacro Cuore” (citazione nostra, di Claudio Lolli, “Vecchia piccola borghesia”) per costruire centri di accoglienza verso i migranti.
Insomma, quello che è certo è che la vita di Arturo ne uscirà un bel po’ sconvolta da queste tre settimane da cristiano fondamentalista. A differenza della società che continuerà a “mentire con cortesia, cinismo e vigliaccheria facendo dell’ipocrisia la sua formula di poesia” (citazione sempre nostra, sempre di Claudio Lolli, sempre “Vecchia piccola borghesia”).
Insomma, da anticlericali e miscredenti nonché apostati della fede in latae sententiae quali siamo il libro di Pif ci è proprio piaciuto e non ci interessa di sapere nulla sulla fede di Pif se ne ha una, perché ci sembra che il ragazzo (lo chiamiamo così in quanto coetanei) abbia colto il nocciolo fondamentale della questione.
L’essenziale, come si suol dire.
Alessandro Chiometti