A poco a poco i nodi stanno venendo al pettine.
Questo pontefice, che di fatto è espressione di uno schietto orientamento anticonciliare, non perde occasione per rimarcare il suo segno dottrinario fondamentalista, tridentino. Ovvio che si sia mostrato freddo alla proiezione della sintesi dello sceneggiato televisivo «Paolo VI, il papa nella tempesta», prodotto da RaiFiction e dalla Lux Vide in occasione del trentesimo anniversario della morte di Giovanni Battista Montini (1897 – 1978), salito al soglio di San Pietro nel 1963, cioè in pieno Concilio Vaticano II (si svolse dal 1962 al 1965).
Montini fu un pontefice tormentato. Non riuscì ad essere all’altezza di Giovanni XXIII e ad osservare fino in fondo l’intenzione del predecessore di "aprire le finestre per far entrare aria nuova nella Chiesa". Tuttavia, messa a confronto con quella di Ratzinger, la sua figura assume quasi uno spessore rivoluzionario.
Intervenendo sul Corriere della Sera a proposito dell’ultimo libro di Marcello Pera (Perché dobbiamo dirci cristiani, titolo che di per sé, con quel dobbiamo, è tutto un programma ), Benedetto XVI non ha avuto alcuna remora ad affermare che un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non è possibile, mentre sarebbe auspicabile un dialogo fra culture che sottendono un’opzione religiosa di fondo. Non un dialogo teologico, quindi, dato che non si può mettere tra parentesi le ragioni della propria fede, ma un confronto a livello culturale e sulle conseguenze delle decisioni ispirate dalla fede.
Chiaro no?
Chi trovava eccessivo il nostro slogan “No taliban, no vatican”, adesso è servito. Non potrà che ricredersi.
Quanto al libro di Pera, “liberale” in salsetta neoguelfa, preferiamo, tanto per restare in ambito italiano, Perché non possiamo essere cristiani(e meno che mai cattolici) di Piergiorgio Odifreddi (Longanesi, 2007) e consigliamo caldamente Gesù lava più bianco ovvero come la Chiesa inventò il marketing di Bruno Ballardini (Minimum fax, 2000).
Se, poi, si vuole invece andare sul classico, con l’andar del tempo non perde affatto smalto Perché non sono cristiano di Bertrand Russell. Tra i vari motivi addotti dal filosofo inglese ce n’è uno in particolare: “Il cristianesimo, così com’è organizzato, è stato ed è tuttora il più grande nemico del progresso morale del mondo”.
Francesco Pullia