Per un approfondimento della notizia
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da il manifesto del 12/5/2010:
Grazie a dio, anzi, grazie al Consiglio di stato, gli insegnanti di religione
potranno
partecipare alla valutazione degli studenti delle scuole superiori.
Avere frequentato l'ora di religione garantirà crediti in più rispetto
a tutti gli altri studenti. Il «voto» di religione farà media e
costituirà un vantaggio indiscusso già dai prossimi consigli di classe
di fine anno. Il giudizio del Consiglio di stato ribalta una precedente
sentenza del Tar del Lazio e dà ragione al ministro Gelmini e alla Cei.
Si tratta solo dell'ultimo di una lunga serie di favori di cui hanno
usufruito gli insegnanti di religione, gli unici a vivere un periodo di
vacche
grasse mentre tutti gli altri loro colleghi vengono
massacrati dai tagli voluti da Tremonti. Oltre ai vantaggi per le
scuole private cattoliche, lo Stato paga personale che accede al posto
di lavoro grazie al benestare della curia. E con questa sentenza gli
conferisce il diritto di promuovere o bocciare.
La sentenza del Consiglio di stato si basa
sul seguente ragionamento: chi ha scelto l'ora di religione «ha il
diritto-dovere di essere valutato per l'interesse e il profitto
dimostrato». Chi non la fa, secondo i giudici, non verrebbe
discriminato perché potrebbe frequentare dei corsi alternativi che il
Consiglio di stato invita ad istituire in tutte le scuole. Peccato che
proprio i tagli governativi facciano sì che questi corsi siano quasi
del tutto assenti e che in ogni caso non siano
valutati. «Siamo di
fronte ad una atto palesemente anticostituzionale – commenta Mimmo
Pantaleo, segretario nazionale Flc Cgil – chi fa l'ora di religione ha
un giudizio in più che fa media, chi non la fa no. E questo sia nel
caso in cui frequenti i corsi alternativi, sia nel caso in cui non li
frequenti perché non vuole o perché, come avviene quasi ovunque, non
esistono. Inoltre questo cambio delle regole di valutazione avviene in
corso d'opera, alla vigilia degli
scrutini di fine anno».
La
crociata a favore dell'ora di religione in questi anni è stata
bipartisan. Fu infatti il ministro del centrosinistra Giuseppe Fioroni
a volere che quell'ora potesse dare crediti aggiuntivi agli studenti di
buona fede. E fu proprio l'ordinanza dell'ex ministro del Pd a ricevere
la bocciatura del Tar del Lazio.
Fioroni, scocciato, annunciò il
ricorso che poi fu portato avanti dalla Gelmini e dal governo
Berlusconi, in accordo con il Vaticano. E bipartisan è stato anche
l'atteggiamento genuflesso dei governi di entrambe le parti che hanno a
più riprese aumentato le assunzioni dei docenti di religione mentre
tagliavano tutti gli altri.
Gli insegnanti di religione in Italia
sono circa 25 mila. Tutti insegnano grazie al benestare delle autorità
ecclesiastiche. Tra questi 15 mila sono di ruolo. Hanno ottenuto il
posto fisso tutti negli ultimi tre anni grazie a dei concorsi a dir
poco speciali. Entrati dalla finestra, grazie a questa via
preferenziale, godono però degli stessi diritti dei loro colleghi che
da anni aspettano invano un concorso. Non solo. Qualora dovesse sparire
il loro corso potrebbero comunque cambiare cattedra e insegnare altre
materie superando in curva la lunga fila dei precari
che ne
avrebbero diritto. Anche gli insegnanti di religione ancora precari
sono avvantaggiati: ogni due anni, solo loro, hanno diritto ad uno
scatto di anzianità.
Nelle scuole italiane il governo ha stabilito
il taglio in tre anni di 140 mila posti di lavoro tra personale docente
e non docente. La scuola è la più grande azienda in crisi del nostro
paese e una delle prime emergenze occupazionali. Dal punto di vista di
studenti e genitori salta tutto: compresenze, supplenti, materiale
didattico. Eppure lo Stato, cioè noi, spende più di un miliardo di euro
l'anno per pagare lo stipendio agli insegnati di religione che hanno
ricevuto il sigillo clericale. E non basterà la crisi di vocazione
degli studenti a fare diminuire
l'obolo che la Repubblica versa per
l'ora di religione. «Già oggi – racconta Pippo Frisone della Flc Cigl –
a Milano (dove il 40% degli studenti delle superiori decide di non fare
religione e dove Formigoni elargisce il buono scuola a chi vuole
frequentare le scuole private, spesso confessionali) non solo non
esistono corsi alternativi, ma anche dove gli studenti che hanno deciso
di fare religione sono pochissimi, magari due o tre per classe, si
mantiene comunque il corso e si paga lo stipendio all'insegnante. In
tutti gli altri casi le classi, invece, si accorpano, i posti di lavoro
saltano e gli studenti arrivano ad essere anche 30 per classe. E' uno
scandalo.
frequentare
religione per giustificare la spesa dello Stato a favore
dell'insegnamento del cattolicesimo nelle scuole pubbliche».