A Perugia è stato approvata l’istituzione del Registro comunale dei testamenti biologici!
A Terni presto si dovrà discutere in consiglio della proposta promossa anche da Civiltà Laica, pubblichiamo una parte dell’intervento che la Prof.ssa Alessandra Pioggia ha tenuto durante il Consiglio Grande di Perugia il 15 Febbraio scorso, sperando che possa servire anche ad illuminare (verbo non casuale) i consiglieri comunali ternani.
In fondo trovate il link con l’intervento completo
Nei pochi minuti nei quali si deve articolare il mio intervento nel dibattito odierno vorrei limitarmi a formulare tre domande per provare ad offrire alcune risposte con le mie competenze di giurista. Sono professore di diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Perugia e da alcuni anni mi occupo di sanità, di bioetica e, quindi, anche del tema delle dichiarazioni anticipate di volontà o testamento biologico.
La prima questione che vorrei porre è espressa dalla seguente domanda: “perché un Comune dovrebbe occuparsi di istituire un registro dei testamenti biologici?”.
La risposta è “per fornire un servizio alla collettività”. Quando dico servizio, intendo proprio riferirmi ad una prestazione di utilità generale, un’attività, cioè, che non attribuisce un nuovo diritto, ma assicura che si possa godere effettivamente di diritti dei quali si è già titolari.
Quel che si chiede oggi al Comune di Perugia è di offrire a chi lo richieda la possibilità di depositare una propria dichiarazione in merito ai trattamenti sanitari a cui intende o non intende acconsentire, garantendo la certezza del fatto che la dichiarazione provenga effettivamente dal sottoscrittore, che sia stata depositata in una certa data e assicurando che essa sia debitamente conservata ed eventualmente consegnata a chi è stato indicato a questo fine come destinatario.
Come si vede si tratta di prestazioni che rientrano pienamente nell’esercizio delle prerogative comunali e non travalicano affatto, come pure qualcuno vorrebbe sostenere, le competenze dell’amministrazione territoriale: la funzione di certezza esercitata dal Comune riguarda, infatti, unicamente data e provenienza dell’atto, che è e resta una dichiarazione privata, e anche il deposito a cui consegue l’iscrizione nel registro ha una funzione di conservazione, senza che all’iscrizione stessa conseguano degli effetti sulla validità e sull’efficacia della dichiarazione.
Certezza e conservazione sono però entrambi elementi essenziali della prestazione. L’ipotesi, pure formulata, di un registro solo nominativo che non garantisca la conservazione dei documenti, ma si limiti a certificare data e nome di chi ha predisposto un testamento biologico di fronte ad un notaio e lo conserva presso di esso o di un fiduciario non fornirebbe alcun effettivo servizio dal momento che non assicurerebbe alcuna ulteriore utilità, né risponderebbe ad una esigenza meritevole di tutela, quale quella assicurare a tutti gli interessati, con modalità semplici e non onerose, la possibilità di depositare e veder conservata la propria dichiarazione in ordine ai trattamenti sanitari ai quali intende o non intende acconsentire nella fase finale della propria vita.
E che si tratti di una esigenza sentita dalla collettività non sembra dubbio. Senza richiamare l’ampio dibattito in corso da più di un anno, basta pensare al fatto che già in un centinaio comuni si è posta questa stessa questione proprio per iniziativa popolare e la metà di essi ha già istituito o deliberato di istituire un registro dei testamenti biologici; di questi, 2 sono comuni umbri (Narni e Magione) e 11 sono capoluoghi di provincia, fra cui Firenze, Torino, Cagliari, Caserta, Vicenza, Rimini e Pisa.
Alessandra Pioggia