di George Romero, 1968
Così per caso, senza che ci sia un anniversario da celebrare legato al film o al suo regista, lunedì scorso la catena di cinema “The space” ha riproposto il primo film di Romero sugli Zombie.
Il film destinato a cambiare per sempre la cinematografia horror e non solo.
Considerato il precursore del genere splatter (nessuno aveva mai osato mostrare al cinema le scene in cui gli zombie si mangiavano, spolpandone letteralmente le ossa, i resti degli umani), quando uscì ebbe subito un enorme successo tant’è vero che fu definito “il film horror a maggior profitto realizzato fuori da un studio”.
Le critiche non mancarono, sia per gli effetti speciali troppo forti, sia per le accuse di sadismo sia anche da parte femminista per i ruoli troppo sottomessi delle due donne protagoniste del film. Ma se il New York Times lo definì spazzatura, qualcuno di accorse delle enorme potenzialità del film anche perché fu il primo film a dare il ruolo principale ad un uomo di colore (Duane Jones nel ruolo di Ben) senza che si parlasse delle classiche tematiche razziali.
Anche se poi lo sappiamo le analisi sociologiche che hanno vivisezionato il film in questi quarant’anni ne hanno comunque ravvisato la presenza. Del resto l’uccisione finale di Ben ad opera di fanatici militari dal grilletto facile, non poteva non richiamare alla mente degli afroamericani le recenti uccisioni di Malcolm X o di Martin Luther King.
Ma al di la’ di ogni possibile dubbio è la genialità a-teologica del film, con i due protagonisti iniziali Johnny e Barbara, fratello e sorella, che al cimitero si stanno interrogando sull’opportunità di percorrere tutta quella strada per il accontentare il desiderio della loro madre di porre una corona di fiori sulla tomba del padre, del quale non si ricordano neanche più. Johnny sta giusto per iniziare un discorso probabilmente ateo o agnostico visto che come gli ricorda la sorella non va mai in chiesa, ma alle prime parole viene interrotto dall’inizio della “resurrezione dei corpi”di stampo biblico. Ora se Romero ha voluto far risorgere gli zombie come decerebrati perché per l’appunto nella bibbia si parla di resurrezione dei corpi e non dei cervelli non ci è dato sapere, fatto sta che comunque il risultato è geniale. “Quando l’inferno sarà pieno i morti cammineranno sulla terra…” del resto era una delle frasi promozionali del film (e anche di altri film del genere).
Il film, nonostante il bianco e nero, o forse anche grazie a quello, “tiene” benissimo anche oggi e lo spettatore si ritrova incollato alla sedia nonostante magari sia la ventesima volta che lo vede.
Però se vogliamo dirla tutta una sorta di maledizione sul film c’è, perché nessuno degli attori del film ha fatto altri film importanti, neanche la bellissima Judith O’ Dea che come screaming queen non ha niente da invidiare a nessuna.
La cosa però non è valsa per George Romero che da regista ci ha regalato una tetralogia immortale sugli zombi ed altra chicche dell’horror come Monkey Shines o gli episodi del Creepshow.
J. Mnemonic