Nel tornare a guardare un film di venti anni prima si corre sempre il rischio di rovinarsi dei ricordi piacevoli.
Il tempo passa molto velocemente nella cinematografia e spesso i ritmi che siamo abituati a seguire nelle visioni recenti sono molto diversi da quelli di decenni prima per l’appunto.
Viceversa, ci sono film che ti sorprendono per la loro grandezza intuitiva degli autori che hanno anticipato tantissimo tematiche oggi al centro della discussione.
Joe Dante (noto ai fans dell’horror per “L’ululato” e “I gremlins”) in questo suo piccolo capolavoro, che potremmo definire con un parallelismo neanche troppo azzardato un “Dottor Stranamore” in cui il nemico è interno agli Usa.
La trama infatti vede l’Idaho dichiarare la secessione dagli Usa. Perché? Perché non vuole ospitare un centinaio di bambini pakistani, salvati da un’organizzazione umanitaria. Al folle governatore (che all’epoca era evidentemente ispirato dall’unione del fanatismo sudista con le smanie sessuali di Bill Clinton) troppo impegnato nel far la corte per riavvicinarsi all’avvenente giornalista messicana Cristina Fernandez della rete nazionale NN per far caso al casino che sta combinando, fa da contraltare un Presidente degli Usa schiavo dei lobbysti… anzi del lobbysta Jack Buchan (uno straordinario James Coburn) che, non si sa bene come, ha sotto controllo tutti gli umori delle minoranze statunitensi. O almeno crede, visto che ogni suo consiglio in realtà non fa altro che precipitare la situazione e si scopre che le minoranze (cinesi, koreane, portoricane, afroamericane, messicane che siano) sono più razziste del governatore razzista dell’Idaho.
Una critica al relativismo culturale (o multiculturalismo che dir si voglia) che Joe Dante ha fatto con netto anticipo rispetto a ciò che sappiamo oggi su quanto è sbagliato un certo tipo di tentativo di integrazione.
Ma non solo. Il film svela anche il disastro che stava creando la bulimia di informazione. Il giornalista veterano Jim Kalla dello staff della NN rete di news nazionale, ragiona proprio in tal senso. Cosa si rischia con la voglia di dover dare la notizia a tutti i costi? Anche quando non è verificata? Anche quando forse sarebbe meglio non dare la notizia? Ogni notizia deve essere data o ci sono limiti al diritto di cronaca?
Ma il film non è assolutamente pesante, anzi è quasi una commedia degli equivoci, sebbene dai risvolti tragici. Basta pensare che l’onnipresenza dei mass media è sottolineata dal fatto che il presidente è costretto a lanciare un ultimatum di 68 ore e mezza perché questo non cada in contemporanea con un importante puntata della telenovela “Figli, figli miei!” che è la più vista d’America. La protagonista dovrà infatti consumare la fuga d’amore con il suo giardiniere, l’attacco all’Idaho passerebbe in secondo piano.
Poi si arriva all’equivoco finale in cui dopo essere riuscito a riconquistare la bella giornalista e a lasciare la moglie per giornalista della NN confida in anteprima al lobbysta del presidente che il governatore ha convocato una conferenza stampa un’ora prima dell’ultimatum per dimettersi e lasciare spazio al suo successore. Peccato che il lobbysta fraintenda successore con secessione e convince il presidente a scatenare l’attacco prima della conferenza stampa del governatore.
Il “come va a finire” è lasciato alle voci fuori campo sui titoli di coda, in cui il presidente tranquillizza i suoi sostenitori e si dimette, i confini Usa saranno ridefiniti al più presto e la puntata di “figli, figli miei!” è stata la più vista della storia della televisione.
That’s all folks.
- Mnemonic