già vescovo della mia città e attuale presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia,
sono stato attratto dal suo libro “A un amico che non crede”e pensando di raccogliere un invito al dialogo fra atei e cattolici l’ho scaricato sul mio Kindle dal sito di Amazon.
Quando la funzione che visualizza l’andamento della lettura evidenzia l’arrivo al 15 percento circa del suo lavoro ho deciso di mollare la lettura e di scriverLe una risposta in base a quello che ho avuto il dubbio piacere di leggere fin qui.
Ho interrotto la lettura perché il suo non è un invito al dialogo fra credenti e non credenti ma la richiesta di una genuflessione nei suoi confronti e nei confronti dell’istituzione che rappresenta, ovvero la Chiesa Cattolica. E per giunta, me lo lasci dire, lo fa con tono che al di là di qualche salamelecco è ben oltre l’arroganza.
D’altra parte è ben evidente anche a un lettore non particolarmente dotto come me che o Lei ha le idee un po’ confuse o fa del tutto per confondere le acque, cosa che in un confronto aperto e franco è intollerabile.
Partiamo quasi dall’inizio, perché sull’inizio tornerò alla fine della presente.
Lei afferma con varie citazioni che il cristianesimo non si è ancora compiuto, bene verrebbe da chiedersi, se 2000 anni, di cui 1500 praticamente incontrastati in Europa, non vi sono bastati, perché vi dovremmo dare ancora credito? Eppure avete avuto letteralmente tutti i mezzi a vostra disposizione in questo lunghissimo arco di tempo. E non voglio neanche ricordarLe che nei vangeli c’è scritto che Gesù pronosticava entro una generazione l’avvento del suo regno, il risultato è che di certo non solo non c’è stato l’avvento del regno del Signore come avevate promesso ma non si sono neanche evitate guerre, stragi, genocidi e orrendi crimini spesso in nome della vostra fede. Allora, le ripeto la domanda a che titolo ci chiedete ancora fiducia nella vostra promessa?
Afferma poco dopo che il programma che avete, come Karol Woytjla amava ripetere, è sempre lo stesso, ovvero l’evangelizzazione. Perché mai un non credente dovrebbe dialogare con voi se il programma che avete in mente è sempre lo stesso?
Poi a peggiorare le cose afferma che non si può parlare di religione senza un sentimento religioso, forse non se ne rende conto, ma se scrive a un ateo, ed è Lei che vuole fare il primo passo non può dargli dell’anormale proprio in virtù del suo essere ateo. Se io non posso parlare di religione, Lei cosa mi scrive a fare?
E siamo solo all’introduzione, arrivando al primo capitolo dal titolo già imbarazzante “L’uomo contemporaneo, spaesato e solo” (chi lo dice? Io sto benissimo, ho una splendida compagna di vita e tantissimi amici) si assiste con la solita profusione di citazioni alla critica del consumismo dilagante. Allora prima di iniziare questa critica vorrebbe cortesemente spiegare come mai la Chiesa Cattolica ha sempre fatto di tutto per far fallire quegli esperimenti di società diverse non basate sul consumismo? Parliamo ad esempio degli stati socialisti in Sudamerica tanto per fare un esempio, contro i quali ha preferito appoggiare le più bieche dittature militari finanziate dalla Cia. Lei pensa seriamente di poter venire a parlare contro il consumismo e il capitalismo dilagante senza che l’istituzione che rappresenta abbia fatto prima una gigantesca autocritica?
Andando avanti nel capitolo noto che riesce a non cadere nel ridicolo come molti suoi colleghi parlando di nazismo ateo ma la sua critica al “secolo dell’umanesimo ateo” come fra le righe lo definisce è sinceramente insopportabile per chiunque abbia avuto tra le mani almeno un libro di storia.
Nella sua sintesi su Sartre, quando scrive che secondo il filosofo francese l’uomo doveva essere il centro dell’universo evidentemente confonde le cose perché se c’è una filosofia che è sempre stata antropocentrica nei confronti della natura è quella giudaico-cristiana, e non certo l’ateismo di Sartre.
Quando poi cavalcando l’onda di reflusso antiscientifico e antirazionalista che va tanto in voga in questi giorni asserisce che “la scienza ha assunto il compito di unica custode della realtà” e parla nel titolo del paragrafo di una “dittatura della scienza” dimostra non solo di non aver capito cosa è la scienza, ma anche di non aver capito le critiche che molti fanno a questa. Lei infatti assume la deviazione scientista che alcuni hanno dato alla scienza come unica realtà di questa, operazione non solo scorretta ma ideologica e pretestuosa.
Poi alla fine del capitolo, come quasi a rinsavire, ricorda che non tutti i cristiani sono contrari alla globalizzazione e cita l’ex ministro Riccardi quando dice che la globalizzazione è congeniale al cristianesimo che per sua natura è universale. E allora davvero, ma di cosa voleva parlarci, monsignore? Dei rischi della globalizzazione o del vostro intento di governarla e tentare di diventare così l’unica religione mondiale?
E arriviamo all’ultimo capitolo che ho avuto la forza di leggere, già il titolo lascia ben poche speranze al povero ateo (cioè io) che ha avuto la sventura di raccogliere il suo invito al dialogo, ovvero “Incontrarsi sulla soglia del mistero”. Lei infatti subito scrive “ è indispensabile che [i credenti e gli umanisti] scendano nella profondità delle rispettive convinzioni per cogliere il mistero di quell’Oltre che indistintamente ci interroga e ci avvolge”. Caro monsignore, ma proprio non riesce ad accettare il fatto che la maggiorparte di noi atei, non solo non si interroga dell’Oltre ma che questo Oltre (la cui maiuscola è solo sua) non è per noi un mistero?
Semplicemente, tanto per ricordare i buoni insegnamenti di Epicuro, quando ci siamo noi non c’è l’oltre, quando ci sarà l’oltre non ci saremo noi. E allora di che cosa dovremmo interrogarci?
Noi ci interroghiamo sul come fanno QUI ed ORA a convivere coscienze e sensibilità diverse, come riconoscere che alcune esigenze siano un diritto e altre no. Sono questi i temi di cui vogliamo parlare, se per parlare di questo con Lei mi devo genuflettere di fronte all’Oltre semplicemente cedo la mano, lascio il passo e non gioco.
Ma volendo continuare per poche altre Sue righe devo dire che ho trovato sinceramente ridicola la pretesa di Ratzinger, che Lei fa pienamente Sua, di ribaltare la lezione di Grozio e pretendere di imporre a tutti, credenti e non, di VIVERE COME SE DIO ESISTESSE.
Insomma, vogliamo essere seri o no? Dopo duemila anni in cui non siete riusciti a risolvere neanche il problema della teodicea adesso ci venite a dire: “non siamo in grado di dimostrarvi che c’è Dio però, per favore fateci contenti e seguite quello che noi vi diciamo per conto suo”.
Questo è oltre il ridicolo e oltre il grottesco. Questo è semplicemente assurdo. La mia controproposta non può che essere, semplicemente: no miei cari, imparate voi a dire cose valide ANCHE SE DIO NON ESISTESSE e smettetela di nascondervi dietro autorità divine che non sono valide per tutti.
Insomma caro monsignore, io mi fermo qui, non ho la forza per reggere altre pagine di pretese assurde. In fondo come le dicevo all’inizio di questa diesamina il problema è alla base, o per restare al suo libro nelle prime righe. “La fede non è un affare privato che riguarda solo il credente” Lei scrive; mentre invece è proprio così. La fede è un fatto privato e noi QUI e ORA dobbiamo trovare il modo di far convivere fedi diverse e chi non ha proprio la fede.
C’è una sola via per farlo e si chiama LAICITÀ DELLO STATO. Quando imparerete a riconoscere questo concetto potremo parlare e confrontarci, fino ad allora sarà inutile.
Buon Lavoro
Alessandro Chiometti
Presidente dell’Ass. Cult. Civiltà Laica