Chi ha rubato la Cathedra?

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La straordinaria messe di notizie che ci investe quotidianamente e che impegna duramente le nostre celluline grigie (direbbe Poirot) finisce a volte per rendere irrilevanti, tra le tante, quelle pochissime veramente degne di riflessione e di attenzione.

Mi riferisco alla formidabile novità contenuta nelle parole dell’attuale santo padre, il buon Bergoglio, alias Francesco, il quale ha più volte ribadito un rivoluzionario concetto di ispirazione cristiana secondo il quale coloro che affermano di uccidere in nome di Dio in realtà bestemmiano. Le sue parole esatte sono state: “ Uccidere in nome di Dio è satanico!”.

Lo ha gridato in faccia al mondo intero il 14 corrente mese in occasione della celebrazione, in santa Marta, di una messa a suffragio dell’anima del sacerdote francese Jacques Hamel sgozzato nella chiesa di Rouen da un fanatico islamista in nome di Hallah, che sarebbe stretto parente del dio cristiano ed ebreo. Non si tratta di una novità in senso assoluto in quanto papa Francesco un analogo concetto, quasi con le stesse parole, lo aveva già espresso nel novembre 2015 per commentare la strage di Parigi. Quella volta le sue parole furono: “Usare il nome di Dio per uccidere è una bestemmia!”.

Si tratta di una affermazione di principio in materia religiosa per cui il papa parla con competenza assoluta: chi potrebbe negarlo? Però questo fa sorgere in noi non credenti e scettici, nonché apostati, atei o agnostici, un dubbio non da poco: come la mettiamo con il famoso dogma, enunciato da papa Pio IX, dell’infallibiltà papale in materia di fede, quando il cosiddetto santo padre parla “ex cathedra”? In queste occasioni papa Francesco parlava “ex cathedra” rivelando quindi verità di fede oppure stava soltanto facendo delle battute di spirito? Nel primo caso il suo principio di fede farebbe rivoltare nelle tombe e nei sarcofagi tutte le anime dei papi che nei secoli hanno solennemente affermato, come principio assoluto di fede, esattamente l’opposto di quanto da lui altrettanto solennemente enunciato.

Occorrerebbero decine di risme di carta per descrivere in dettaglio tutte le occasioni in cui il Cristianesimo , nel corso di 1.700 anni, ha gridato “A morte !” in nome del suo dio dell’amore. Possiamo solo ricordarne alcune, inoppugnabili e storicamente indiscutibili. Chi non ha letto il discorso di Urbano II al Concilio di Clermont del 1095 nel quale lanciò la prima crociata : “Quando andrete all’assalto dei bellicosi nemici sia questo l’unanime grido di tutti i soldati di Dio: ‘Dio lo vuole!’ ( Deus lo vult!)”?

E che dire di papa Innocenzo III che nel 1209 lanciò la crociata contro i catari assicurando le stesse indulgenze e gli stessi celesti premi di consolazione per tutti coloro che avessero perso la vita nella santa missione di uccidere in nome di Dio? Sappiamo tutti che i tribunali della santissima Inquisizione condannavano a morte in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e che davanti alla vittima lambita dalle fiamme del rogo veniva agitato un crocifisso. Quante volte nel corso dei secoli la Chiesa Cattolica ha ucciso, dopo opportuni trattamenti di tortura, uomini e donne, accusati di eresia o di stregoneria?

Alla stregua di quanto solennemente affermato dal buon Francesco dovremmo considerare bestemmiatore incallito perfino il più santo e celebrato teologo di Santa Madre Chiesa, San Tommaso d’Aquino, che papa Leone XIII ha definito “Doctor Ecclesiae, che, simile al sole, ha inondato la terra con la luce della sua dottrina”. Ebbene questo abbagliante astro del Cattolicesimo così si esprime nella sua opera eccelsa Summa Theologiae : “Per quanto riguarda gli eretici essi si sono resi colpevoli di un peccato che giustifica che non solo siano espulsi dalla Chiesa con l’interdetto ma anche che vengano allontanati da questo mondo con la pena di morte. Gli eretici, immediatamente dopo la loro incriminazione per eresia, non soltanto devono essere cacciati dalla comunità ecclesiale ma anche a buon diritto giustiziati!”

Qualcuno dovrà pure ricordare al buon Francesco che i suoi predecessori, dalla stessa cattedra, hanno emanato bolle di condanna a morte per i più svariati motivi: Paolo IV e Pio V (lo sterminatore dei valdesi di Calabria, oltretutto o forse proprio per questo, santo) facevano impiccare e squartare adulteri, omosessuali, bestemmiatori ed eretici per cui Pasquino non esitò a celebrare le loro gloriose imprese con le sue irridenti pasquinate.

Ricorderò quella per Paolo IV:

Figli, meno giudizio

e più fede comanda il Santo Uffizio

e ragionate poco

ché contro la ragione esiste il fuoco

e la lingua a suo posto

ché a Paolo Quarto piace assai l’arrosto”.

E l’altra, celebre, dedicata al santo Pio V:

Quasi che fosse inverno

brucia cristiani Pio, siccome legna,

per avvezzarsi al caldo dell’inferno”.

Mi piacerebbe che qualche convinto credente commentasse la lettera che nel 1570 questo santo papa inviò al re di Spagna Filippo II per confortarlo e stimolarlo nella difesa della santa fede cattolica: “ Riconciliarsi mai, non mai pietà; sterminate chi si sottomette e sterminate chi resiste: perseguitate ad oltranza, uccidete, ardete, tutto vada a fuoco e sangue purché sia vendicato il Signore!”

Poche sono le certezze nella vita di un buon credente cristiano: 1) la Chiesa è indifettibile ( tradotto: non sbaglia mai) 2) il papa è infallibile quando parla , stando in cattedra, di dottrina.

Conclusione: se due papi si contraddicono vuol dire che uno dei due non parlava “ex cathedra” ma diceva scemenze. Poiché papa Francesco nessuno al mondo potrà sostenere che dice scemenze (ed io meno che mai) vuol dire che i papi precedenti non parlavano “ex cathedra”.

E allora mi chiedo e vi chiedo: chi ha rubato la “cathedra” dei santi padri?

Eraldo Giulianelli

21 Settembre 2016   |   articoli, filosofia e scienza   |   Tags: , , , , ,