* Francesco Pullia su Notizie Radicali
Chi scrive, come tutti, dentro e fuori il partito, sanno, non è un
papalino e non ha mai nutrito né nutre, in particolare, alcuna
simpatia nei confronti dell'attuale pontefice ritenendolo tutt'altro
che raffinato, nient'affatto filosofo e pervicacemente corifeo di una
concezione impositiva, coercitiva, della verità.
Sono stato e sono spesso duro, durissimo, nei suoi confronti proprio
per ciò che egli, monarca assoluto, riesce ad incarnare ed esprimere.
Il fatto di essere estremamente critico non mi esime, tuttavia,
dall'esprimere se non altro alcune perplessità in merito al chiasso
che si sta montando in occasione della visita si compirà giovedì
all'Università La Sapienza di Roma.
Intendiamoci, se fossi stato io il rettore dell'ateneo, mi sarei ben
guardato dall'invitare, e poi per inaugurare il nuovo anno accademico,
una personalità nettamente antitetica alla ricerca interiore e
scientifica, un uomo che, di fatto, non solo è depositario di
dogmatismo ma tenta di imbellettare e spacciare per originali quelle
che in realtà sono vere e proprie banalità.
E, ancora, l'attuale pontefice, come ho già avuto modo di scrivere, è
talmente incapace di apportare contenuti innovativi e talmente
anticonciliare da avere adottato la scelta di comodo, certamente per
lui più appagante e redditizia sotto tutti i punti di vista, di vivere
di ripiego e di riflesso, cavalcando l'ondata emotiva costruita
accortamente e strumentalmente dal mondo dei mass media intorno a
Giovanni Paolo II.
Resta il fatto che Benedetto XVI, nonostante tutto, è stato invitato
ed ha di buon grado accettato, anzi afferrato al volo l'occasione.
Sicuramente si tratta di un invito concordato, se non estorto, che
rivela a quale livello di capitolazione, remissività, abdicazione sia
sprofondata la cultura, e purtroppo non solo quella, nel nostro paese.
L'invito, però, c'è e il papa il 17 gennaio sarà alla Sapienza.
E, allora, a mio avviso, il mondo laico, se per laico intendiamo
innanzitutto tollerante, è chiamato a dare una grande prova di civiltà
e fermezza. Deve cioè controbattere le affermazioni papaline, qualora
dovessero risultare offensive e lesive della libertà di coscienza e
della libera religiosità, ma nello stesso tempo distanziarsi da
controproducenti pagliacciate estremistiche, altrettanto
integralistiche (non integre) e intolleranti dell'assolutismo del
pontefice.
Questo dev'essere un punto fermo. L'anticlericalismo richiede rigore e
coerenza ed è in primo luogo esercitato, in modo nonviolento, in ogni
direzione. Non può essere improvvisato da gruppi che in piazza si
fingono accesi anticlericali e improvvisano mascherate mentre in sede
istituzionale consentono e approvano l'aumento di contributi agli
oratori, l'ipocrita e vergognoso tributo dell'otto per mille, i
benefici concordatari, l'esenzione dall'Ici per gli immobili e gli
esercizi commerciali di proprietà ecclesiastica, lo sconcio degli
insegnanti di religione.
Su questo bisogna essere chiari e non per faziosità ma, come detto,
per rigore, per intrinseca moralità.
Un ultimo quesito: perché l'istituzione massonica continua a tacere
sul clima di restaurazione tridentina? I prestigiosi nomi di Giuseppe
Garibaldi, Ernesto Nathan, Luigi Pianciani, tanto per citarne alcuni,
non dicono più nulla? Perché a loro si preferisce un certo "don" di
Amelia?