Egregio Alessandro, non posso che compiacermi del fatto che l’argomento della sperimentazione animale in medicina ha di nuovo suscitato l’interesse che merita. La questione animalista, in cui la sperimentazione si inquadra, dovrebbe essere uno dei temi più importanti e dibattuti nelle nostre società, ma troppo spesso si parla di animali poco seriamente deformando la questione con la lente del sensazionalismo giornalistico.
Nel tuo articolo prendi decisamente posizione e squaderni l’esistenza di un formulario con dieci domande fatte sulla validità scientifica della sperimentazione animale a cui altrettanti esponenti del mondo medico farmaceutico hanno dato delle risposte. Leggendolo si ha nel complesso l’impressione di una situazione tutto sommato soddisfacente, per cui le nostre coscienze possono stare tranquille. Gli esperti che sostengono la causa della sperimentazione smentiscono in modo articolato e apparententemente convincente quanto affermato dagli oppositori di questa pratica e fanno una bella figura forse per recuperare sul discredito di cui sono nel tempo ricoperti.
Mi è stato arduo se non impossibile capire la portata e la validità scientifica delle risposte, per cui mi astengo dal giudicare il questionario e lo accantono.
Mi stupisce e molto l’opinione di Umberto Veronesi – della cui Fondazione richiami il sito e il blog – noto per le sue simpatie vegetariane e animaliste che invece si pronuncia in un articolo del 5 marzo 2012 “Io non sono un animalista”, a sostegno della necessità della sperimentazione animale. Egli sottilinea e condanna opportunamente la grande tragedia degli allevamenti industriali e della macellazione che avviene con grande sofferenza degli animali coinvolti, ma non ritiene di estendere la condanna alla pratica dell’utilizzo degli animali in laboratori di ricerca. Il dr. Veronesi ritiene che queste pratiche vengono svolte nei migliori centri di biomedica e nel rispetto di un preciso obbligo statuito a livello mondiale, consistente nel principio che “fattore essenziale della ricerca sull’animale e l’assenza di dolore, di angoscia e anche di semplice disagio dell’animale”.
Ho una grande stima del professor Veronesi, tanto che ho dubitato dell’autenticità di simili dichiarazioni, non tanto per l’impatto etico, quanto per l’ottimismo che traspare da tutto il suo intervento. Sembra che la sperimentazione su animali sia un fenomeno necessario, ma controllato e limitato ai soli farmaci destinati alla cura delle più gravi e terribili malattie umane, prime tra tutte il cancro, e si ha l’impressione che ciò avvenga in selezionatissimi attrezzati centri di ricerca nei quali la prima preoccupazione sembrerebbe non solo quella non di far soffrire gli animali che si trovano lì ospitati, ma addirittura di evitare che possano provare il minimo disagio.
Con tutto il rispetto non posso concordare sull’esistenza di questi laboratori adamantini e asettici dove si sperimenta senza causare alcun dolore su pochi animali per verificare l’efficacia di farmaci contro il cancro, la leucemia, la sla, e le più gravi malattie umane.
In realtà le numerosissime documenteazioni e testimonianze filmate ci dimostrano che la sperimentazione animale è quanto di più raccapricciante ci possa essere, ma quel che è peggio è che molto spesso l’esperimento non serve a scoprire nulla di nuovo nè di importante, ma consiste nella ripetizione con qualche piccola variante, per farne un esperimento originale, di prove già più volte effettuate.
Tu ci esorti a superare l’immagine del ricercatore simile ad macellaio sadico che ama torturare gli animali. E’ un immagine popolare che però nasce spontanea di fronte a certe realtà ben documentate che poco si prestano ad essere manipolate da fanatici animalisti. Non so se si possa parlare di sadismo però mi viene il dubbio che chi compie certe attività, o vi partecipa o comunque presta la sua opera affinchè certe avvengano, non credo sia solo animato dall’amore della conoscenza, ma qualche ottundimento della sua sensibilità dovrà pur averlo. Non c’è passione per la conoscenza che tenga di fronte ad esperimenti che causano tanta straziante sofferenza negli esseri viventi, senza che nella maggior parte dei casi si ottengano risultati importanti per la scienza.
E poi al di fuori del contesto strettamente medico-scientifico che dire dei test delle sostanze cosmetiche, detersivi, saponi ecc. che parimenti vengono testati sugli animali finchè non muoiono o diventano ciechi ?
A questo punto vorrei farti io una domanda: a quale sconvolgente scoperta medica utile per il bene dell’intera umanità possono condurre esperimenti del tipo che sinteticamente si deguito descrivo.
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Mettere gli animali in gabbie dal fondo rovente o nel quale viene fatta passare l’elettricità
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Togliere gli occhi ai gatti e ai cani e cucire loro le palpebre
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Togliere i gattini alle madri e segregarli al buio e senza stimoli di nessun tipo per vedere i risultati
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Far nuotare gli animali sino allo sfinimento e alla morte
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Affamare i cani per dimostrare che dopo quattordici giorni muoiono
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Privare i gatti del sonno, mediante gabbie con corrente elettrica sul pavimento, per scoprire che dopo giorni muoiono
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Ripetere per migliaia di volte lo stesso esprimento di far respirare per mesi ai gatti e ai conigli il fumo del tabacco per poi ucciderli e dimostrare che il fumo fa venire l’enfisema o il tumore ai polmoni
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Scoperchiare il cranio delle scimmie e tenerle vive e vigili per infilare elettrodi nel cervello e studiarne le reazioni per cinque giorni alla settimana (per fortuna che c’è la settimana corta).
In tutti questi esperimenti non c’è traccia di anestesia ovviamente.
Non sono un antiscientista e chi mi conosce lo sa perfettamente, ma proprio per evitare che la scienza e la ricerca vengano coinvolote in simili pratiche, ti chiedo se questa è scienza?
Mi sembra che il mondo ovattato e senza dolore del Prof. Veronesi, se esiste, sia solo una piccolissima porzione della realtà della sperimentazione scientifica.
Solo le anime belle o chi è in mala fede può credere alla pubblicità che abbiamo visto recentemente che contrappone la salute di un bambino alla vita di un ratto.
La realtà è ben più complessa e soprattutto molto meno onorevole.
Ce lo spiega il Dottor Ulrich, ricercatore statunitense nel campo dell’aggressività che per anni aveva somministrato nel suo laboratorio all’Università del Michigan, a migliaia di animali scariche elettriche sul fondo delle gabbie (15000 scariche elettriche in sette ore due ratti; oppure scariche elettriche a cinque ratti per 80 gg), che dopo molti anni ha cambiato idea. In una sua dichiarazione ci fa capire i reali motivi per si fanno certe cose.
“Inizialmente la mia ricerca era motivata dal desiderio di arrivare a capire ed aiutare a risolvere il problema dell’aggressività umana. Ma poi cominciai a capire che i risultati non giustificavano la continuazione delle prove. Mi resi conto che ciò che mi spingeva non era il bene dell’umanità o l’amore per la scienza, ma erano diventati ormai i riconoscimenti finanziari, il prestigio professionale, la possibilità di viaggiare.
Le motivazioni nobili che mi avevavo spinto ad iniziare la sperimentazione animale erano ste sostenute dal convincimento che tale pratica fosse assolutamente indispensabile insostituibile. Ma questa idea era il frutto di un condizionamento culturale impartito agli studenti di materie biologiche e scientifiche. Accadeva così che quanti potrebbero essere in grado di contestare sul piano scientifico la sperimentazione aninale ne diventato i più fieri paladini. Ma accanto al fine nobile – continua Ulrich – ne esistevano altri che lo sono molto meno come i soldi e il prestigio. Ma come si arriva ai soldi e al prestigio attraverso la sperimentazione animale? Ve lo spiego. Attraverso un meccanismo che funziona in America come in Italia. Con la sperimentazione si possono pubblicare molti articoli sulle riviste scientifiche che illustrano le modalità e i risultati dell’esperimento. E le pubblicazioni sono essenziali per fare carriera all’interno dell’Università e per ottenere cattedre di insegnamemnto. Infatti nei concorsi per ottenere le cattedre vengono valutate le pubblicazioni di ogni singolo concorrente e ovviamente chi ne possiede di più avrà un punteggio maggiore. Quindi niente di meglio per aiutare la propria carriera che escogitare un esperimento con utilizzo di animali . Questo fatto spiega anche come mai nel mondo vengano pubblicati migliaia di riviste scientifiche ognuna delle quali pubblica centinaia di articoli molti dei quali nulla apportano al progresso della scienza.” (la testimonianza del Dott. Ulrich è riportata da Stefano Cagno nel suo libro “Sperimentazione animale e psiche: un’analisi critica” pag. 80, Ed. Cosmopolis, 2001)
Questo è un quadro della sperimentazione animale ben diverso da quello che ci viene raccontato dai sui apologeti e mi sembra ben più credibile.
Dagoberto Frattaroli