Prima del celeberrimo “Codice da Vinci” c’è stato un altro pericoloso attacco alle fondamenta della gerarchia cattolica da parte di Hollywood, è stato il film “Stigmate” di R. Wainwright con G. Byrne e P. Arquette.
Di certo la sua fama non è paragonabile al successo planetario avuto dal romanzo di Dan Brown ma il suo messaggio è molto più cattivo nei confronti della Chiesa Cattolica.
Questa e i suoi gerarchi sono qui accusati, niente po’ po’ di meno che di nascondere e occultare il vero messaggio di Gesù Cristo nonché di mettere a tacere con ogni mezzo chiunque provi a divulgarlo.
Il messaggio “vero” sarebbe secondo il film quello riportato dagli scritti gnostici scoperti nel 1945 vicino a Nag Hammadi in Egitto e che, stando a quanto affermano gli autori, sono il documento più vicino alla figura reale di Gesù Cristo e soprattutto alle sue parole.
La trama del film si incentra sulla figura di un monaco traduttore che lavorava all’interno del Vaticano sugli scritti in aramaico (di cui accennato) tale Padre Alameida; ostacolato dalla gerarchia ecclesiastica trafuga il documento e scappa in Brasile dove muore con la fama di santo fra la popolazione locale.
Il suo rosario viene rubato da un ragazzino che lo vende a una turista americana che a sua volta lo invia a sua figlia negli states, Frankie (Patricia Arquette); una volta a contatto con il rosario la ragazza comincia ad avere le esperienze mistiche note come “ricezione delle stigmate”. Sul fenomeno indaga Padre Andrew (Gabriel Byrne) scienziato e prete in perenne conflitto con la sua natura dualistica in bilico tra razionalità e fede. La giovane donna esaminata in realtà presenta una possessione dello “spirito” di Padre Alameida che cerca di diffondere il messaggio contenuto nei vangeli censurati dalla Chiesa Cattolica.
Il messaggio è pericoloso (per la Chiesa) perché dice chiaramente che il regno di Dio non si può trovare in templi di legno o di pietra ma solo dentro di se e solo grazie alle proprie conoscenze e questo chiaramente non può essere accettato di chi ha fatto di quei templi la sua forza.
Il film mostra un blooper (per i non cinefili: errore) enorme quando il prete investigatore che è sulla quarantina dice alla ragazza di aver conosciuto Padre Pio (di cui ne tesse le lodi… non è che uno si può mettere contro proprio TUTTA la gerarchia ecclesiastica), pensando che quest’ultimo è morto nel 1968 e che il film è ambientato nel 2000, padre Andrew dovrebbe aver “conosciuto” Padre Pio più o meno all’età di dieci anni… difficile da ritenerlo possibile visto che ne parla come se avesse indagato su di lui.
Tuttavia, nonostante il blooper citato, il film si lascia vedere fino alla conclusione in cui il bene trionfa in un esplodere di odore di fiori e di voli di colombe. Può essere considerato anche istruttivo per chi non ha mai conosciuto le voci “alternative” sulla natura di Cristo e del suo messaggio o non ha mai sentito parlare dell’esistenza di centinaia di vangeli che dicono cose molto diverse da quelli “ufficiali”. Per gli esperti del tema sarà invece inevitabilmente semplicistico.
Restano aperte alcune domande che il film non affronta, ad esempio sul come fanno i sacerdoti che hanno visto e a volte pagato sulla propria pelle la aberrante censura dogmatica della Chiesa Cattolica, a restare comunque al suo interno accettandone tacitamente le imposizioni. Ma questi non sono problemi che riguardano noi laici, che quando parliamo e spesso critichiamo la chiesa ci riferiamo alla sua “dottrina ufficiale” e pur apprezzando il fatto che ci sono voci critiche anche al suo interno non possiamo certo prenderle come riferimento.
J. Mnemonic