Da La Stampa di Domenica 8 Giugno 2008
CITTA' DEL VATICANO
Come spiegava Gioacchino Belli, la diocesi di Roma è quella del vicario di Cristo. Ma è anche quella del vicario del vicario. Ed anche quella dove preti e fedeli hanno come compagno di fatica soprattutto il vicario del vicario del vicario, cioè il vicegerente, il vescovo che a Roma regge la prima linea tra città e diocesi. Un ruolo cerniera che, in attesa dell'arrivo del cardinale Agostino Vallini, ancora prefetto del tribunale dove lavorava come «notaro» il Belli, la Segnatura Apostolica, veniva ripetutamente chiesto dalla base ecclesiale per monsignor Vincenzo Paglia, vescovo di Terni.
L'attuale vicegerente, monsignor Luigi Moretti, è dato in partenza per San Giovanni Rotondo, al posto dell'arcivescovo D'Ambrosio destinato alla successione di monsignor Ruppi a Lecce. Don Vincenzo Paglia, cresciuto con don Gigi Di Liegro e don Andrea Santoro, ha molti titoli per leggere l'identità reale della città e della diocesi di Roma. Un ruolo che peraltro ha saputo assumere a Terni, diocesi della quale è dinamico e stimato pastore dall'aprile del 2000. Vederlo tornare a Roma è sembrato possibile, persino certo, fino alle elezioni di aprile. «Un vescovo», ci spiega monsignor Paglia al telefono, «deve saper parlare ai fedeli e al clero con una chiara visione della città e della diocesi; deve dimostrare di avere un progetto capace di interpretare ciò che la gente concretamente vive. Lo stesso vale per le autorità politiche: non possono più accontentarsi solo delle pratiche e delle emergenze quotidiane. Devono dimostrare di comprendere ciò che avviene nel Paese e nelle città, elaborando visioni politiche e agendo anch'essi all'interno di veri progetti». Con un sindaco di destra e un programma come quello votato dall'elettorato dell'Urbe, un vicegerente che ha partecipato alla fondazione della Comunità di Sant'Egidio, che nei rom e negli extracomunitari vede solo sfide pastorali e sociali e non minacce, deve essere apparsa alle autorità della Santa Sede una sorta di corto circuito incombente nelle istituzioni cittadine. E, a quanto sembra, la scelta del cardinale Vallini è stata dirottata su monsignor Marcello Semeraro, attuale vescovo di Albano, ecclesiologo, molto vicino a quel movimento dei Focolari che nella curia romana è presente e molto sostenuto. Nel cruciverba del post-Ruini, dunque, ieri si è svuotata un' altra casella, con la nomina del cardinale Ennio Antonelli, finora arcivescovo di Firenze, a presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia. Se le voci sussurrate negli ultimi mesi sono esatte, è una casella che presto verrà occupata dall'arcivescovo Giuseppe Betori, attuale segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, da molti mesi in predicato per la sede toscana. Firenze, patria di Oriana Fallaci e sede delle iniziative culturali e politiche di Marcello Pera, viene ritenuta ancora ambita da monsignor Rino Fisichella, rettore dell'Università Lateranense, che sui lungarni troverebbe una situazione più idonea di quella di segretario alla Dottrina della Fede per la sua vocazione di mediatore culturale. Monsignor Ernesto Mandara, attuale vescovo ausiliare per il settore centro di Roma, andrà a Frosinone come coadiutore con diritto di successione del vescovo Salvatore Boccaccio, impedito per malattia, lasciando così l'ennesima casella vuota per una causa che sta molto a cuore al cardinale Ruini, la nomina a vescovo del suo ex segretario monsignor Mauro Parmeggiani, la cui destinazione a Tivoli ha portato molte carte e molte persone negli uffici del nunzio in Italia e delle autorità vaticane.