Paolo Villaggio è stato uno di quegli attori che hanno segnato i nostri anni.
Molti, che in queste ore si dissolveranno come neve al sole lasciando alla retorica della morte il giusto spazio, lo detestavano. Sia perché rappresentava tutto quello che loro avevano paura di essere, sia perché invece avevano colto la terribile critica sociale e antropologica dei suoi personaggi più famosi.
Fantozzi e Fracchia sono sicuramente i personaggi che gli hanno dato più successo, difficile distinguerli dirà qualcuno, ma se nel primo (per lo meno nei primi episodi) dominava la critica sociale sotto forma di comicità demenziale, nel secondo era il surreale ad essere preponderante.
Nella prima scena del primo Fantozzi, in cui la moglie, la mitica Sig.ra Pina, che telefona all’azienda in cui lavora il marito chiede con voce mesta e rispettosa (lei inferiore non può aver l’ardire di protestate ne’ con il marito ne’ tanto meno con i suoi datori di lavoro) che fine abbia fatto perché costui non torna a casa da sette giorni, così si scopre che a causa di lavori eseguiti di fretta il Rag. Fantozzi è stato murato vivo in un bagno per errore; fin da questa scena dicevamo c’è tutta la potenza della devastante critica sociale del personaggio.
Molto più del “Mimmo” di Verdone, molto più dei vari “italiani” interpretati da Sordi.
Fantozzi è il grimaldello in cui Villaggio vede e prevede il futuro. Probabilmente non è un caso se (a prescindere dalla consueta abbuffata che ci sarà in questi giorni) da anni le televisioni non ripropongono questi lungometraggi o si limitano a quelli più recenti e meno offensivi.
Probabilmente oggi la sudditanza a cui il ragioniere (o chiunque altro) è costretto nei confronti di chi ha l’umano buon sentimento di farlo lavorare, non farebbe più ridere ma arrabbiare; del resto oggi nel mondo del lavoro abbiamo situazioni molto più fantozziane di quelle raccontate nei film. Folgorante la presa di coscienza politica quando alla fine dello stesso primo film c’è l’incontro con Folagra (la “pecora rossa” dell’azienda) che illumina il povero Fantozzi: “Pina: mi hanno fatto sempre credere che ero io ad aver bisogno di loro, e non viceversa…. Mi hanno rubato i migliori anni della mia vita!” E così il giorno dopo si presenta sotto l’azienda con un fazzoletto rosso al collo e rompe il vetro di questa con un sasso. Ma ovviamente Fantozzi non è Che Guevara e non può vincere la guerra, quindi l’apparizione del SuperMegaDirettore Galattico lo riporta alla ragione.
Parlando di religione poi, le visioni mistiche di Fantozzi sono sempre profondamente blasfeme, ma l’apoteosi della critica alla Chiesa, secondo noi, si raggiunge quando sta per morire il terribile Direttore odiato da tutti i dipendenti e Fantozzi, per accelerare i tempi del decesso, prende “un’iniziativa personale”. Entra in una Chiesa e chiede al parroco “Vorrei ordinare una messa” e questo senza colpo ferire risponde “Pro o contro?”, “Contro!” risponde Fantozzi, e il parroco: “Beh, contro costa un po’ di più!”.
Insomma lo avete capito Fantozzi e Fracchia ci mancheranno, come ci mancheranno gli altri personaggi border line di Paolo Villaggio, come il Paolo Coniglio di “Sogni mostruosamente proibiti” forse uno dei film più geniali della sua carriera. O l’umanissimo professor Marco Tullio Sperelli della trasposizione cinematografica di Lina Wertmuller di “Io speriamo che me la cavo”.
Ci mancherà anche Paolo Villaggio, non solo i suoi personaggi. Ateo da sempre, impegnato politicamente in varie formazioni come Democrazia Proletaria, o lo stesso Partito Comunista fino ad approdare ai Radicali prima e al Movimento cinque stelle dell’amico Beppe Grillo poi.
Con tutte le sue contraddizioni Villaggio è sempre stato coerente con la sua voglia di vivere e cambiare il sistema. Voglia così travolgente che non deve essergli venuta meno neanche al cospetto della “nera signora”, con cui immaginiamo abbia mormorato “Salve, piacere…ah! non dà la mano… allora io vorrei prolungare… ah ecco non si può… ma se io cioè, se poi… perché io… cioè avrei voluto… vabbè… com’è umana lei signora morte.”
J. Mnemonic